La generazione senza futuro

Nessuna crescita è possibile senza un modello di sviluppo che consenta alla nuove generazioni di essere protagoniste della costruzione del proprio futuro.

I paesi che forniscono ai giovani strumenti efficaci di incontro tra domanda e offerta di lavoro, che consentono ai giovani di formarsi con adeguate capacità e competenze, che stimolano il sistema produttivo a valorizzare il capitale umano dei nuovi entranti,  sono quelli che meglio possono crescere facendo leva sulla qualità del contributo delle nuove generazioni. Al contrario, i paesi che meno agiscono in tale direzione sono quelli che trasformano maggiormente i giovani da potenziale risorsa per la crescita a costo sociale.

Molti sono i dati, sia riferiti alla percezione soggettiva che alla condizione oggettiva, che portano ad includere l’Italia in questo secondo gruppo. Dal punto di vista soggettivo, la sensazione di vivere in un paese che offre meno rispetto a quanto i giovani potrebbero dare si è profondamente radicata nelle nuove generazioni italiane. Secondo un approfondimento comparativo del “Rapporto giovani” dell’Istituto Toniolo, il 75% degli italiani tra i 18 e i 32 anni intervistati nel 2015 è convinto che nel proprio paese le opportunità di lavoro e realizzazione professionale siano inferiori rispetto al resto d’Europa contro meno del 10 percento dei coetanei tedeschi.

Questa percezione trova sostegno nei dati oggettivi. A partire dal 2010 l’Unione Europea ha individuato nel tasso dei Neet la misura privilegiata per misurare quanto uno Stato dilapida il potenziale delle nuove generazioni a scapito non solo dei giovani stessi ma delle proprie possibilità di sviluppo e benessere. L’acronimo Neet (Not in Education, Employment or Training) indica i giovani usciti dal percorso formativo ma non (ancora) entrati nel mondo del lavoro. L’Italia risulta essere il paese con il valore assoluto più elevato in Europa e con incidenza relativa seconda solo alla Grecia.

Le difficoltà che trovano i giovani nel passaggio dalla scuola al lavoro costituiscono un punto critico che sta indebolendo tutto il percorso di transizione alla vita adulta, accentuando la dipendenza dalla famiglia di origine e riducendo la formazione di nuove famiglie. Non è un caso se negli ultimi anni siamo diventati il paese con maggior crollo delle nascite sotto i 30 anni. I Neet sono la categoria che più rischia di perdere senso di appartenenza sociale, visione del futuro e rassegnarsi ad una vita al ribasso.

Sempre i dati del “Rapporto giovani” indicano, infatti, come la soddisfazione per la propria vita sia pari a 3,7 punti su 5 per i Neet contro un valore pari a 4,3 per chi ha un lavoro instabile e 4,8 per chi ha un lavoro a tempo indeterminato. Tra gli under 30 che vivono con i genitori, la quota di chi progetta l’uscita entro un anno dall’intervista è pari a poco più di un quarto nella fascia 18-24 e a poco più di un terzo nella fascia 25-29. Valori non elevati se si pensa che la maggioranza dei giovani europei vive in autonomia dopo i 25 anni. Esistono però differenze marcate sia rispetto alla presenza del lavoro sia al tipo di lavoro: per chi ha un contratto a tempo determinato si sale al 45 percento di intenzioni positive di uscita, mentre tra i Neet non solo il valore è molto basso – pari al 23 percento –  ma rimane sostanzialmente fermo all’aumentare dell’età: un chiaro segnale di progetti di vita che vengono rinviati e che progressivamente si trasformano in rinuncia definitiva.

Si tratta di dati che, coerentemente con altri, mostrano come lo scadimento delle opportunità di occupazione e della qualità del lavoro stiano fortemente erodendo il futuro delle nuove generazioni. Dopo aver fatto crescere in modo abnorme il tasso di Neet non possiamo ora accontentarci – come abbiamo fatto per il debito pubblico – di stabilizzarlo su livelli elevati o di smussarlo. Servono azioni molto più incisive e mirate rispetto a quelle attuate sinora. Nessuna crescita è possibile senza un modello di sviluppo che consenta alla nuove generazioni di essere protagoniste della costruzione del proprio futuro.

Rispondi

  • (will not be published)