Topic: longevità e invecchiamento attivo

Il Paese di Vita breve e il Paese di Vita lunga

Si sente spesso dire che l’invecchiamento è un fenomeno positivo perché significa che viviamo tutti più a lungo. Non è esattamente così: longevità e invecchiamento non sono la stessa cosa. Il termine “longevità” indica il fatto che la durata della vita si allunga e si diventa quindi vecchi più tardi.

 

L’invecchiamento della popolazione è invece il processo che fa crescere il peso demografico degli anziani. Il fatto che la popolazione invecchi non implica necessariamente che si viva più a lungo, ma semplicemente che le generazioni più mature hanno una consistenza numerica maggiore rispetto a quelle più giovani. La sovrapposizione semantica tra i due termini genera quindi confusione e va evitata.

La longevità è il processo che porta l’evento morte a essere vissuto sempre più tardi. Dato che, come recita l’antico detto, “per morire c’è sempre tempo”, tale processo è considerato generalmente positivo perché ci consente di non essere sbalzati fuori troppo precocemente dalla giostra della vita. La questione diventa semmai come goder bene del tempo extra conquistato.

Diversamente dalla longevità, l’invecchiamento della popolazione tende invece a essere più un problema che un vantaggio e va quindi adeguatamente gestito. Per rendercene conto basti pensare che le persone possono solo invecchiare mentre una popolazione può sia invecchiare (quando le nuove generazioni diminuiscono rispetto alle più vecchie) che ringiovanire (quando accade il viceversa).

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Quei morti di troppo nel 2015

Nei primi otto mesi del 2015 si sono registrati circa 45 mila decessi in più rispetto all’anno precedente. Un dato che ha suscitato molto scalpore sui mass media. Ma come dobbiamo interpretarlo?

Il conteggio continuativo del numero dei decessi, attraverso un apposito registro, inizia nelle città italiane del medioevo. L’esigenza, prima ancora che per questioni amministrative, nasce dalla necessità di identificare per tempo la possibile diffusione di una epidemia. Se il numero di morti giornalieri, settimanali, mensili, rimaneva pressoché costante, si poteva rimanere relativamente tranquilli. Se invece c’erano i segnali evidenti di una crescita era il caso di predisporre velocemente misure di profilassi e contenimento del contagio. La mortalità in passato era elevatissima anche nei periodi di “normalità” ma le epidemie ricorrenti potevano avere effetti devastanti sulla struttura demografica, sull’organizzazione sociale e sul sistema economico.

L’abbondanza di nonni da trasformare in ricchezza sociale

Siamo entrati nell’era dell’abbondanza di nonni. Chi è oggi anziano è nato in un mondo ricco di fratelli e cugini, era quindi ampia soprattutto la dimensione orizzontale delle relazioni familiari. Nel corso di tre generazioni tale dimensione si è fortemente ridotta, mentre si sono estese e infittite le relazioni verticali. E’, infatti, notevolmente aumentata non solo la probabilità di trovare tutti i nonni in vita al momento della nascita, ma anche la possibilità di attivare un lungo e intenso rapporto con qualcuno di essi fin oltre la propria maggiore età.

Ridare peso alle nuove generazioni in un’Italia che invecchia

Questo slancio l’Italia sembra averlo perso da tempo. I dati che lo confermano sono molti, ma ce ne sono tre eclatanti: l’enorme debito pubblico  scaricato sulle nuove generazioni, il deterioramento delle prospettive occupazionali giovanili, la riduzione delle nascite in contrapposizione alla crescita esuberante della popolazione anziana. Difficile trovare una combinazione così accentuata di questi tre aspetti in un altro paese sviluppato, con conseguenze negative vincolanti rispetto alla produzione di ricchezza e benessere.

La generazione che ha avuto meno e dato di più all’Italia

I senior di oggi appartengono alla prima generazione nata nel secondo dopoguerra. Sono i “baby boomers”: cresciuti in un Paese che con essi è entrato a pieno titolo nel club esclusivo delle società moderne, economicamente avanzate e demograficamente mature. Per capire però appieno le trasformazioni dell’Italia in cui hanno vissuto e vivono gli attuali senior è utile partire dalla generazione che li ha preceduti, quella dei loro genitori, nati tra la fine della Grande Guerra e i primi anni Trenta. Una generazione che ha attraversato in età cruciali alcuni snodi fondamentali del XX secolo e che con le sue scelte ha impostato il ritmo di marcia delle coorti successive.