commenti e riflessioni

Pensieri sparsi

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Degiovanimento

Arriva in ritardo dalle nostre parti, il dibattito su giovani e potere e grazie ad un vescovo coraggioso di umili origini: «bamboccioni» incapaci di stracciare la figurina di Peter Pan o giovani vittime bloccate dalle oligarchie delle caste, siano esse politiche, professionali o industriali. Eppure, perfino il vocabolario della lingua italiana è stato costretto ad aggiornarsi. Non c’è più solo antipolitica e discontinuità, perfino il più recente monnezzopoli o il già datato tangentopoli. C’è, da un anno appena, degiovanimento (sostantivo maschile, perdita del bene prezioso della gioventù), un neologismo ideato e studiato da Alessandro Rosina, ricercatore della «Cattolica» di Milano, trentanove anni e testimone della fatica per la conquista di una cattedra universitaria. (Antonio Manzo, Mattino, 13 maggio 2009, Salerno, p. 27)

• [tit.] Il rischio degiovanimento [testo] Ormai sono lontani i tempi degli allarmi sulla denatalità, quando si annunciavano i rischi che avrebbe potuto conoscere la società italiana. Oggi il fenomeno non fa più notizia, al contrario rientra nei processi di lenta metabolizzazione dei cambiamenti. Un neologismo fotografa la mutata situazione e proietta un’ombra inquieta sui prossimi decenni: la parola è «degiovanimento» che è qualcosa di più di invecchiamento. L’Italia non solo è, e continuerà ad essere, un “Paese per vecchi”, ma vedrà le nuove generazioni indebolite nella loro tradizionale carica di soggetti portatori di cambiamento e di crescita. (Giovanni Santambrogio, Sole 24 Ore, 30 giugno 2013, p. 30, Cultura e sviluppo)

• Più elevate sono le risorse culturali e il capitale sociale, più tende a prevalere la componente della scelta. Viceversa, più basse sono le condizioni di partenza combinate con alte aspettative, più ci si sposta per necessità. In entrambi i casi sono soprattutto i laureati e i più dinamici ad alimentare la crescita dei flussi verso l’estero, con conseguente accentuazione del degiovanimento quantitativo e qualitativo della popolazione italiana. Ma più recentemente è aumentato il contributo ai flussi in uscita delle persone di mezza età. (Alessandro Rosina, Repubblica, 5 aprile 2017, p. 6).

Innovare non basta, bisogna includere

Non possiamo andare lontano con una parte della classe politica che pretende di cambiare il Paese senza capirlo e l’altra parte che cavalca le paure di un cambiamento non capito. Non può funzionare così un Paese.
Innovare non basta, bisogna includere. Cambiare non basta, bisogna costruire processi decisionali inclusivi di cambiamento.

Accendersi per non rassegnarsi all’oscurità

C’è chi maledice l’oscurità, tu prova ad accendere una piccola luce.

Chi maledice l’oscurità ti dirà: “perché hai acceso una luce così piccola, era meglio il buio che l’illusione di poter vedere qualcosa”.

Tu rispondigli: “Era meglio se accendevi anche tu una piccola luce. E se tanti come noi lo facessero il veder qualcosa non sarebbe più solo una illusione”.

 

Il valore del fare più di quanto richiesto

Ci sono persone per le quali qualsiasi alibi è buono per far di meno. Io una volta tanto vorrei ringraziare chi, senza che gli venga esplicitamente chiesto, fa di più. Lavora un po’ di più per ottenere un miglior risultato, studia un po’ di più del programma dato, dà un po’ più tempo e attenzione al rapporto con gli altri, si informa un po’ di più rispetto a quanto scrivono i giornali, pensa un po’ di più a chi verrà dopo di lui/lei. Grazie, perché quello che fate in più è il contributo più prezioso per cercare di rendere il domani un luogo migliore di oggi.