Draghi ha ragione. Più sviluppo per formazione e lavoro in Italia

Le ingenti risorse per la ripresa rese disponibili sono come un solido vento che invita la nave ad alzare le vele, ma ora diventa cruciale avere idee chiare e condivise su dove si vuole andare, quale rotta collettiva scegliere.

Non ci sono più alibi. Nessuno può più dire che mancano le risorse per realizzare quanto necessario per lo sviluppo avanzato del Paese. La solidarietà dall’Europa non è a fondo perduto ma legata alla fiducia sulle prospettive di rilancio del nostro sistema paese. Imparando anche la lezione dalla precedente recessione, il Consiglio europeo ha deciso di passare dal bastone dell’austerity alla carota dell’investimento. Sta a noi ora mettere responsabilità nelle scelte da fare. Una responsabilità prima di tutto nei confronti di noi stessi e delle generazioni future del nostro paese. Anche questa è una novità rispetto a come era stata affrontata la crisi economica del 2008-13, dalla quale le giovani generazioni erano uscite molto più fragili nei percorsi formativi e professionali, come mostrato dai dati e dalle analisi del “Rapporto giovani” dell’Istituto Toniolo.

Questa nuova strategia, se ben interpretata, va a favore di tutti e ovviamente dell’Europa stessa che ha grande convenienza che un grande paese come l’Italia torni a crescere, diventi meno instabile, possa tener sotto controllo il debito pubblico, non allarghi ulteriormente gli squilibri demografici. La responsabilità richiamata deve unirsi alla consapevolezza che le vere risorse per la crescita e il benessere di un paese sono le persone. Quello che alla fine conterà non sarà quanti soldi riusciremo a spendere, accontentando l’accontentabile, ma quanto avremo migliorato la condizione delle persone, legando due aspetti: la capacità di essere progettuali e operare scelte, con la capacità di essere attivi e produttivi nel mondo del lavoro. L’Italia è uno delle economie mature avanzate in cui maggiormente le scelte risultano bloccate. Deboli sono le scelte formative, frenata è la scelta di uscita dalla famiglia di origine, rinviata continuamente quella di formare una propria famiglia e avere figli. Ma grande disorientamento regna anche su come muoversi all’interno del mercato del lavoro, sia sul lato della domanda che dell’offerta, con conseguente disallineamento che produce costi per tutti. Per poi arrivare alle scelte sospese sugli investimenti da parte delle aziende e su come utilizzare il risparmio privato da parte delle famiglie. Queste decisioni inceppate frenano sia il benessere personale che la partecipazione alla produzione di valore sociale ed economico.

Il secondo aspetto che ha bisogno di un forte salto di qualità è la possibilità dei cittadini di essere attivamente inclusi e valorizzati al meglio delle proprie capacità all’interno del sistema produttivo. Le aziende italiane hanno bisogno di crescere e diventare ancor più competitive nello scenario internazionale. Anche quando si dice che è indispensabile rendere più moderna ed efficiente la dotazione infrastrutturale del paese, compresa la banda ultra larga, l’obiettivo non è favorire chi si occuperà direttamente di tali opere ma mettere tutti nelle condizioni di lavorare (ma anche comunicare, acquistare, spostarsi) meglio, riducendo le distanze territoriali e sociali.

Le ingenti risorse per la ripresa rese disponibili sono come un solido vento che invita la nave ad alzare le vele, ma ora diventa cruciale avere idee chiare e condivise su dove si vuole andare, quale rotta collettiva scegliere.

Un segnale incoraggiante arriva dalla recentissima approvazione ottenuta all’unanimità alla Camera sulla proposta di legge relativa all’assegno unico universale. Questo dimostra che alcune misure a lungo attese e utili al paese possono trovare sostegno condiviso, indipendentemente da chi le presenta. Il provvedimento deve ancora passare al Senato, deve trovare la sua coerente collocazione all’interno del pacchetto del Family act, deve essere adeguatamente finanziato, ma non c’è dubbio che le condizioni siano ora diventate particolarmente favorevoli rendendo possibile un effettivo cambio di passo sulle politiche familiari.

Se questo è un segnale positivo di risposta all’indebolimento quantitativo della base demografica del paese, è ancor più importante agire sul potenziamento qualitativo delle giovani generazioni. Anche su questo versante vanno segnalati elementi che, quantomeno, vanno a disporsi nella direzione auspicata. Il primo è il fatto di associare il Recovery fund al programma Next generation Eu. Anche qui sono ancora tutti da vedere i riscontri concreti. In Francia Macron ha già dichiarato che le prime misure riguarderanno il rafforzamento della condizione attiva dei giovani, con specifica attenzione a favorire l’entrata nel mondo del lavoro, mettendo a pieno frutto le nuove competenze. Altri paesi si stanno muovendo nella stessa direzione.

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