Immigrazione, i numeri dei nuovi italiani

Come il Paese sta cambiando con l’immigrazione

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L’immigrazione è una sfida complessa e delicata che non si vince né con i muri né con l’accoglienza disordinata e indiscriminata. Fa parte di un mondo diverso dal passato che va prima di tutto capito. Questa difficoltà a capire e a trovare soluzioni convincenti la sta vivendo, pur in modi diversi, sia l’Europa che gli Stati Uniti. In questa fase stanno nettamente prevalendo i timori, ma la direzione della storia ci porta comunque verso un pianeta in cui sarà sempre più facile e normale trovarsi a vivere in un luogo diverso da quello in cui si è nati. Un mondo di questo tipo è anche quello che le nuove generazioni sono portate per propria pulsione interna a desiderare. Le resistenze arrivano però da come stiamo vivendo oggi le implicazioni di questo cambiamento.

Anche l’immigrazione dalle regioni del Sud verso le grandi città industriali del Nord negli anni Cinquanta e Sessanta non è avvenuta senza tensioni e contraddizioni, ma con due condizioni favorevoli. La prima è che l’Italia cresceva e c’era una corrispondenza evidente tra processo di sviluppo da alimentare e manodopera da attrarre in alcune aree. Il secondo è che nuovi arrivati e autoctoni avevano in comune una stessa lingua e medesime basi culturali, pur non essendo trascurabili le differenze. Insomma era più chiara la necessità dei flussi, questi avvenivano in un contesto di miglioramento generale della qualità della vita e l’integrazione era più facile.

Oggi la realtà è diventata, per molti motivi, molto più complessa. Proprio per questo è importante capire bene quanto l’Italia oggi sta cambiando e come l’immigrazione contribuisce, nei suoi molteplici aspetti, a questo cambiamento. Una consapevolezza fondamentale per rafforzare gli aspetti positivi e affrontare costi e implicazioni di quelli negativi.

Particolarmente importante risulta allora il quadro dettagliato fornito dal “Rapporto sulla popolazione. Le molte facce della presenza straniera in Italia”, dell’Associazione Italiana per gli Studi di popolazione (editore il Mulino), che verrà presentato il 10 febbraio a Firenze nel corso del convegno dei Demografi italiani e che sarà disponibile dal 23 febbraio nelle librerie.

Il volume è ricco di informazioni su quanto l’immigrazione sia diventata parte integrante e imprescindibile delle dinamiche demografiche, sociali ed economiche. Senza la presenza straniera, tanto per citare alcuni dati, l’Italia che già fa fatica a crescere e presenta forti squilibri demografici, si troverebbe privata di un 8,8% di PIl e di un 14,8% di nascite, senza contare i figli dei matrimoni misti. Il rapporto tra popolazione anziana inattiva e popolazione lavorativa sarebbe ancora meno sostenibile. Molti settori si troverebbero in difficoltà a trovare manodopera (il 35,9% degli stranieri si adatta a svolgere attività “non qualificate” rispetto all’8,1% degli italiani). Perderemmo anche il contributo all’imprenditoria di chi viene dall’estero che presenta un’incidenza vicina al 9%. I dati ci dicono, inoltre, che la presenza straniera si sta stabilizzando e cercando maggiore integrazione. I proprietari di casa sono raddoppiati dal 2001 ad oggi. Solo una minoranza dei figli degli immigrati si sente straniera.

Le statistiche sono importanti per capire la realtà ma non bastano per migliorarla. Per vincere la sfida serve anche una nuova cultura della diversità, in grado di andare oltre la tolleranza e riconoscere in chi è diverso un potenziale valore aggiunto all’interno di un processo di crescita comune. Se non ci immettiamo come paese in questo percorso continueremo a subire l’immigrazione anziché renderla parte integrante della costruzione di un futuro migliore.

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