La crisi e il prezzo che i giovani sono chiamati a pagare

I giovani, in Europa e ancor più in Italia, sono ancora una volta chiamati a pagare i maggiori costi economici e sociali, nel breve e nel medio periodo, di una grave e profonda crisi.

I giovani, in Europa e ancor più in Italia, sono ancora una volta chiamati a pagare i maggiori costi economici e sociali, nel breve e nel medio periodo, di una grave e profonda crisi. Se questo era il timore durante il periodo di lockdown di primavera, ora è di fatto una certezza. Lo testimoniano i dati sulla disoccupazione giovanile salita in Europa dal 14,9% poco prima della pandemia al 17,6% ad agosto 2020, ma arrivata già al 32,1% in Italia. Dati che evidenziano una situazione di maggior fragilità rispetto alla recessione iniziata del 2008. Allora il tasso di disoccupazione dei giovani partiva da valori poco superiori al 20%, arrivando a superare il 30% “solo” quattro anni dopo, nel 2012.

La preoccupazione rispetto ad un quadro di scadimento ulteriore al ribasso delle prospettive delle nuove generazioni emergeva ben chiara dall’indagine promossa dall’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo, in pieno lockdown. Allora quasi la metà (il 49%) degli intervistati, tra i 18 e i 34 anni, dichiarava di vedere – rispetto a prima dell’emergenza coronavirus – più a rischio il proprio lavoro attuale o futuro. Nell’indagine replicata nella prima metà di ottobre (prima delle possibili conseguenze della seconda ondata) alla stessa domanda la percentuale risultava rimasta comunque alta, superiore al 40%.

Tra le due indagini c’è stata, nel frattempo, l’azione del Governo italiano non solo nell’affrontare l’apice dell’emergenza sanitaria ma anche per impostare la fase di uscita, far ripartire le attività lavorativa dopo il lockdown e far ripartire la scuola a settembre. Inoltre l’Unione europea ha adottato dei provvedimenti nel contrastare la pandemia e mitigarne gli effetti e ha comunicato una sua strategia per una ripresa resiliente.

Il giudizio dei giovani italiani risulta positivo sull’operato, fino a inizio ottobre, del Governo nel gestire l’emergenza e nel cercare di contenere la crisi economica. Ad essere apprezzato, in particolare, è il nuovo impulso dato alle politiche familiari attraverso il Family Act, il cui primo rilevante tassello, l’assegno unico universale, ha trovato convergenza tra tutte le forze politiche alla Camera e ha ottenuto lo stanziamento per il 2021 nella Legge di Bilancio. Su una scala da 1 a 10, oltre il 53 percento ha assegnato un punteggio positivo (da 6 in su) a tale piano. C’è poi un 20 percento che ha indicato “5” come voto, interpretabile come valutazione suscettibile di miglioramento solo a fronte di una convincente implementazione. La diffidenza dei giovani nei confronti della politica è, del resto, cresciuta molto nel tempo. Anche nei confronti delle misure promesse più convincenti il giudizio rimane spesso in sospeso in attesa di verificarne effettiva applicazione e ricadute.

Si situa un po’ sotto la valutazione su come è stata gestita la riapertura delle scuole (51,4% di consensi). Meno convinti sono i più diretti interessati: nella fascia 18-22 anni la percentuale di giudizi positivi diventa minoritaria (scende al 46%). Ma dove viene bocciato il Governo è soprattutto sul sostegno all’occupazione giovanile. Meno del 44% ritiene che l’azione su questo fronte sia stata adeguata. Il giudizio peggiora ulteriormente tra le donne (si scende al 37%) e tra i più giovani (34% nella fascia 18-22 anni). Su questo tema il giudizio negativo coinvolge anche l’azione dell’Unione europea. La percentuale di chi è soddisfatto delle misure comunitarie a sostegno delle nuove generazioni risulta poco superiore al 42%. Si sale però oltre alla metà di voti positivi nei confronti degli impegni a favore dell’economia italiana e si arriva al 56% di consensi rispetto al piano Next Generation Ue. Il 44 percento di chi non assegna voto positivo si divide a metà tra chi è del tutto scettico su come verranno investite le risorse (voto da 1 a 4) e chi invece lascia aperta la possibilità di farsi convincere se seguiranno progetti credibili (voto pari a 5).

Alta è quindi la preoccupazione dei giovani italiani. Ma l’insoddisfazione è in buona parte tenuta in sospeso in attesa di capire quale sarà l’impatto della seconda ondata, come il Governo riuscirà a contenerla e affrontarne le conseguenze, quale sarà l’effettiva portata di Next Generation Eu. E’ su questo che si gioca la possibilità di scongiurare lo scenario più negativo che risulterebbe drammatico per tutti, ma ancor più per i giovani italiani e il loro futuro.

One Response to “La crisi e il prezzo che i giovani sono chiamati a pagare”

  1. Gigi on

    È un articolo molto interessante perché affronta un problema molto serio, che dura da anni.
    L’aspetto su cui sono sempre perplesso è che la bontà di un intervento governativo e politico si basa su misure a sostegno di tipo “assistenziale”, che comunque andranno a finire, e non su azioni che mirano a produrre posti di lavoro.
    Mi irrito notevolmente quando sento tutti i coltivatori, coldiretti e piccoli proprietari, che si lamentano perché non hanno manodopera, ma tutti poi si rivolgono a manodopera straniera(est Europa…) e non addestrano i nostri giovani.

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