La partita del cambiamento che rischiamo di perdere

Non è questione di stare con i tassisti o con Uber. E’ la nostra impostazione di fondo nei confronti del cambiamento che continua ad essere debole e ambigua. Si può cercare di  cambiare in meglio, ma non ci si può opporre al cambiamento.

Fino a poche generazioni fa il mutamento era lento e non imponeva – tranne che per eventi straordinari come guerre o catastrofi naturali – riaggiustamenti rilevanti. I punti di riferimento erano stabili e la vita era breve. Ora viviamo molto più a lungo e tutto attorno a noi è in rapida e continua evoluzione.

 

Oggi non solo ha più possibilità di successo chi cambia ma è ancor più destinato a veder scadere le proprie condizioni di vita chi rimane fermo, chi si difende dal cambiamento anziché mettersi in sintonia con le grandi trasformazioni in atto. Le condizioni del benessere di ieri non sono più garanzia di successo per oggi. Inoltre, rinunciare ad un po’ di certezze nel presente non è necessariamente indicazione di peggioramento se consente di destinare risorse al miglioramento di domani. Proprio il fatto di vivere più a lungo in un mondo che gira sempre più velocemente, impone una visione dinamica e una prospettiva aperta verso il futuro se non si vuole rischiare di scivolare progressivamente ai margini. Il modo migliore per cambiare non è quello di aspettare che le cose comincino ad andar male fino ad esser quasi compromesse, come accade spesso in Italia, ma quando ancora si sta bene per evitare di peggiorare e anzi cogliere per tempo le occasioni di star meglio. Mettersi in sintonia con le trasformazioni e con i mutamenti di scenario che esse producono non è facile, impone di mettersi continuamente in discussione. Richiede un impegno continuo a rivalutare opinioni consolidate, scelte passate, schemi interpretativi. Produce anche maggiore incertezza che esige strumenti adeguati per essere ben gestita e non trasformarsi in insicurezza.

Per mettere le persone nelle condizioni di superare le resistenze verso il cambiamento e accettare la sfida di vivere meglio domani in un mondo diverso sono fondamentali la credibilità dei decisori pubblici e la fiducia sociale. Due componenti molto più carenti nel nostro paese rispetto al resto del mondo sviluppato. Per lungo tempo politica e istituzioni italiane si è sono dimostrate più accondiscendenti con corporazioni e forze sociali interessate a difendere rendite di posizione che a creare spazi strategici verso il nuovo. Hanno cercato il consenso appoggiandosi a poteri consolidati invece di farsi giudicare rispetto all’efficacia delle politiche orientate al bene comune. Un sistema perverso cha ha frenato il cambiamento anziché incoraggiarlo, ha consolidato un atteggiamento di sospetto verso il nuovo e ha riversato sulla popolazione i costi e le insicurezze dell’impreparazione nel fronteggiare la realtà in trasformazione.

Siamo un paese che per decenni si è allenato soprattutto a difendersi, attrezzato a resistere in condizioni problematiche, in grado di incassare colpi senza andare al tappeto. Qualsiasi altro paese con il nostro quadro clinico sarebbe già collassato da tempo. Se tutta questa capacità ed energia riuscissimo a spostarla dalla difesa all’attacco, anziché puntare ad un pareggio con il passato potremmo allora davvero giocarci una partita vincente con il futuro.

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