La sfida è attrarre i giovani

Chi ci riuscirà avrà anche le basi per consentire ai propri abitanti di godere con più solidità e serenità una lunga vita longeva.

L’invecchiamento della popolazione è uno dei processi più caratterizzanti del XXI secolo. Tutto il mondo è in transizione verso una società più matura, con presenza di persone ricche di età molto più abbondante che in passato. Si tratta della conseguenza positiva del vivere sempre più a lungo. Questo processo è però anche accentuato dalla riduzione delle nascite, risulta quindi particolarmente intenso in Europa e ancor più in Paesi, come l’Italia, nei quali la fecondità è scesa molto sotto la soglia di due figli per donna che corrisponde all’equilibrio tra generazioni. Ne deriva una crescita della popolazione anziana non solo in termini assoluti ma anche relativi, in contrapposizione ad un indebolimento della consistenza delle generazioni più giovani.

Questi squilibri strutturali sono ancora più evidenti nelle grandi città del Nord Italia, che tradizionalmente si trovano con una natalità più bassa rispetto alla media nazionale. Genova è tra le prime realtà in Italia ad aver visto prima il superamento degli over 65 sugli under 15 e più recentemente il raddoppio dei primi sui secondi. Anche Torino negli ultimi anni ha superato tale soglia dell’indice di vecchiaia, mentre altre grandi città, come Milano, sono ancora sensibilmente sotto e più allineate con la media nazionale. Ciò che favorisce Milano è una natalità che, pur in sofferenza, è rimasta sostanzialmente sui livelli del resto del Paese. Inoltre, la città ambrosiana è stata favorita negli ultimi dieci anni da una forte attrazione di giovani-adulti. L’incidenza della popolazione residente tra i 25 e i 40 anni è superiore al 20 percento a Milano, mentre si assesta poco sopra al 18 percento a Torino (solo leggermente sopra il dato nazionale). Entrambe queste due grandi città settentrionali si distinguono per una larga presenza di studenti universitari, ma la prima è stata più capace anche di accreditarsi come realtà in grado di offrire opportunità oltre il percorso formativo. Evidentemente non in modo così solido visto che comunque i percorsi professionali – a differenza di quanto invece avvenuto a Berlino – non sono riusciti poi a diventare base per progetti di vita e contribuire ad una inversione di tendenza delle nascite. Inoltre una grande incognita rimane su cosa accadrà a regime nello scenario post pandemia. Questa forza esogena di cui ha beneficiato Milano potrebbe sensibilmente ridursi, come conseguenza di un salto di qualità nelle possibilità di studio e lavoro a distanza. E’ evidente che ci troviamo di fronte alla necessità di un ripensamento del ruolo delle grandi città – in combinazione con le trasformazioni demografiche, con l’impatto delle nuove tecnologie, con i mutamenti delle relazioni sociali e dell’organizzazione del lavoro – che richiederà sia una maggiore attenzione alle dinamiche della natalità sia modalità nuove per essere attrattive verso le nuove generazioni. Chi ci riuscirà avrà anche le basi per consentire ai propri abitanti di godere con più solidità e serenità una lunga vita longeva.

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