Per crescere serve una nuova visione del mondo

Supponiamo di perdere fiducia nella crescita e lasciar consolidare l’idea che dopo la crisi economica, anziché una effervescente ripresa seguita da un percorso di solido sviluppo, ci attenda un timido assestamento seguito da un languido declino. Tale atteggiamento negativo porterebbe all’accentuazione di processi di svuotamento di energie e risorse.

Supponiamo di perdere fiducia nella crescita e lasciar consolidare l’idea che dopo la crisi economica, anziché una effervescente ripresa seguita da un percorso di solido sviluppo, ci attenda un timido assestamento seguito da un languido declino. Tale atteggiamento negativo porterebbe all’accentuazione di processi di svuotamento di energie e risorse. Assisteremmo ad un continuo incremento di giovani che partono definitivamente per l’estero, una crescente marginalizzazione delle nuove generazioni in Italia, un  affossamento continuo delle nascite, una difesa ad oltranza delle posizioni acquisite, una riduzione della domanda interna, investimenti bloccati, impoverimento del ceto medio e inasprimento delle diseguaglianze.

Ma al di là dell’evitare di generare una profezia negativa che si autoadempie, ci sono buoni motivi per pensare che domani meglio di oggi possiamo vivere bene e sentirci pienamente in gara in un mondo che corre? Non si tratta tanto di sforzarsi a vedere se il bicchiere, rispetto alle nostre aspettative e potenzialità, è mezzo pieno o mezzo vuoto ma sentirsi parte di un processo di svuotamento o di riempimento.

Non mancano i fattori a supporto dell’idea che il declino non sia un destino. Il fattore zero è il fatto che nessuno ha ben chiaro cosa l’Italia sia e come funzioni. Dall’estero ci vedono come un caso a parte, che sfugge ad ogni previsione. Questo è un male quando rende incerti gli investimenti sul nostro paese, ma è un vantaggio quando le vecchie  regole non funzionano più. Nessun altro paese ha una capacità di difesa e rigenerazione come il nostro.  Quante volte nella storia abbiamo incassato colpi così duri da far crollare qualsiasi altro pugile e poi invece di cadere al tappeto abbiamo ribaltato le sorti della gara? Quante altre volte eravamo vicini a iniziare un percorso di successo e ci siamo invece persi? Se c’è un paese culturalmente attrezzato a farsi del male ma anche a trovare vie di uscita impensate è quello in cui viviamo. In quale altro paese poteva nascere una persona che si fa finanziare un’impresa che parte da una rappresentazione diversa del mondo per raggiungere un obiettivo in direzione opposta rispetto a quella seguita fino allora? Un successo per nulla scontato quello ottenuto da Colombo, possibile solo perché in una rotta nuova si può trovare l’imprevisto e trasformarlo in opportunità. Accade così che si punti alle Indie e si raggiungano le Americhe, che da una visione nuova del mondo si arrivi ad un nuovo mondo.

Altri fattori oggettivi di incoraggiamento, oltre a quello culturale, sono la vocazione all’export, la combinazione unica tra creatività, stile e qualità, la stabilità del Governo attuale, i segnali più recenti su assunzioni, salari e consumi, la crescente intraprendenza delle nuove generazioni. Fattori che sullo scenario nazionale mostrano vari gradi di incertezza ma che appaiono molto più convincenti nel contesto milanese. La guida solida di un sindaco-manager potrà essere d’aiuto se sarà però in grado di interpretare una visione del futuro della città. Non basterà seguire gli indicatori dell’Agenda Onu 2030 o cercare di imitare la Silicon Valley, va soprattutto incoraggiato un percorso nuovo e originale in coerenza con il mondo che cambia. Perché solo quando abbiamo fatto così abbiamo vinto.

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