Politiche per una generazione da rimettere in gioco

I Neet rappresentano la peggiore sconfitta dell’Italia in questa prima parte del XXI secolo. Una sconfitta che impoverisce il presente e corrompe la qualità del futuro.

L’acronimo, come ricorda il “Rapporto sul mercato del lavoro 2014” del CNEL, nasce poco dopo il 2000 per indicare la quota di giovani “Not in Education, Employment or Training”, vale a dire gli under 30 che non stanno utilizzando il proprio tempo né per migliorare la propria formazione, né per mettere in pratica le proprie competenze nel mercato del lavoro e contribuire alla crescita del paese. La quantità di giovani lasciati in tale inoperosa attesa era già elevata prima della crisi ma è diventata poi via via una montagna sempre più elevata: la più alta in Europa dopo la Grecia. Siamo quindi uno dei paesi che maggiormente si sono distinti in questi anni nella capacità di trasformare i giovani da potenziali soggettivi attivi a costo sociale.


Se è vero che l’incidenza più elevata dei Neet si trova nel Mezzogiorno, è altresì vero che negli ultimi anni il fenomeno è cresciuto in modo più accentuato nelle regioni del Nord. In Lombardia, secondo i dati dell’Osservatorio regionale del mercato del lavoro e della formazione, gli under 30 in tale condizione sono saliti nel 2013 a oltre le 260 mila unità, con un aumento rispetto al 2007 del 68% contro il 33% medio italiano.
Va inoltre tenuto conto che l’universo Neet è un arcipelago di situazioni molto diverse che richiedono quindi anche interventi mirati e specifici per essere efficaci. Uno degli errori del Piano “Garanzia giovani”, la principale misura messa in atto dal Governo italiana con finanziamenti europei, è non aver adeguatamente tenuto conto di queste differenze. Rientra infatti nella definizione di Neet sia il neolaureato che si è messo sul mercato da qualche mese, con alte qualifiche, grande intraprendenza, ed elevate aspettative sulla collocazione occupazionale, sia il ragazzo uscito precocemente dagli studi, inattivo da molto tempo e sempre più scoraggiato e demotivato. Il primo disdegna quanto “Garanzia giovani” è in grado di offrire, il secondo non si iscrive per un misto di scoraggiamento e disinformazione.
Rispetto alla possibilità di attivazione, i Neet si dividono in tre gruppi. Il primo è composto da giovani che cercano più o meno intensamente lavoro. Sono quelli che si sono diplomati o laureati da poco. Sono i più dinamici e “occupabili”. Una parte rilevante di essi ha elevato capitale umano, soprattutto in Lombardia e ancor più a Milano, e alte aspirazioni di collocazione che non sempre trovano immediata corrispondenza nel sistema produttivo. Per costoro, percorsi di incentivo e sostegno all’autoimprenditorialità potrebbero avere buon successo. Il secondo gruppo è formato da ragazzi che non cercano attivamente ma sarebbero disponibili a lavorare subito. Si tratta di persone scivolate nell’area grigia tra precarietà e non lavoro. Con basse competenze ma buona disponibilità a riqualificarsi. Il terzo gruppo – fortunatamente quello meno consistente, ma che corrisponde comunque a quasi un Neet su cinque – è costituito da giovani che oramai non ci credono più, bloccati da situazioni familiari problematiche o scoraggiati da esperienze negative che li hanno fatti precipitare in una spirale di corrosione progressiva della propria condizione, non solo economica, ma anche emotiva e relazionale. Quest’ultima categoria di giovani è la parte più difficile da recuperare perché è anche quella meno visibile, più difficile da coinvolgere se non attraverso interventi di prossimità e in grado di mettere in campo strumenti che prima ancora dell’occupabilità sappiano riaccendere la fiducia in sé stessi e il desiderio di riprendere attivamente in mano la propria vita.
I giovani del XXI secolo hanno alla base un grande voglia di protagonismo e di dimostrare quanto valgono, ma sono anche facili a demotivarsi quando non trovano un contesto che scommette su di loro e offre adeguate opportunità. Dimostrare con politiche concrete che si investe su di essi e che si creano le condizioni per consentire a chi si impegna e lavora su se stesso di ottenere i migliori risultati, è la precondizione per qualsiasi azione di successo nella rimessa in gioco, nel lavoro e nella vita, di una intera generazione.