Il caso Caro Matteo, rendere obbligatorio il Servizio Civile sarebbe un autogoal

30/10/2017
VITA
Il caso Caro Matteo, rendere obbligatorio il Servizio Civile sarebbe un autogoal VITA

Matteo Renzi, durante “Democratici nati”, l’appuntamento per festeggiare i dieci anni del Partito democratico, è tornato a proporre un servizio civile obbligatorio. Queste le sue parole «Penso e credo che noi dovremmo mettere in campo, per la prossima legislatura, una proposta per cui ciascuna giovane donna e ciascun giovane uomo possa fare almeno un mese di servizio civile obbligatorio. Sono orgoglioso di quanto fatto ma, oltre che per una stagione dei diritti è ora che il Pd si caratterizzi anche per una dei doveri». Ne abbiamo parlato con Alessandro Rosina, docente di Demografia e Statistica sociale all’Università Cattolica di Milano.

Cosa pensa di questa proposta?
Partiamo da una premessa: il servizio civile svolto da persone preparate, motivate e messe nelle condizioni di valorizzare la loro capacità di agire a favore del bene collettivo è una esperienza che più viene resa universale e meglio è per tutti. Deve poter essere una esperienza di valore personale che, svolta “con” e “per” gli altri, genera valore sociale. Detto questo, la proposta di servizio civile obbligatorio senz’alto parte da buone intenzioni, ma non penso sia il modo migliore di far vivere ai giovani come valore tale esperienza.

Perché?
In primo luogo perché è un controsenso immaginare l’obbligatorietà per qualcosa che è su base volontaria. Temo che non verrebbe capito dalle nuove generazioni e potrebbe anche produrre una reazione contraria. Le nuove generazioni sono molto insofferenti a ciò che è imposto dall’alto e a tutto ciò che si rivolge ad esse paternalisticamente. Il messaggio che ne deriverebbe è il seguente: “siccome voi non siete in grado di capire l’importanza e sceglierlo spontaneamente, allora il servizio civile vi costringiamo noi a farlo (o ad “assaggiarlo” per un mese) così scoprite che vi fa bene”. Ecco, questo approccio non funziona, tanto meno in un quadro già di profonda sfiducia nei confronti delle istituzioni e di frustrazione per scelte pubbliche che hanno aumentato squilibri generazionali in termini di diritti e risorse. Suona poi, effettivamente, come una presa in giro presentare il servizio civile come una “possibilità” offerta che poi però diventa una “imposizione” per legge.

Che pro e che contro vede in questa proposta?
Il “pro” sta nel riconoscimento dell’importanza del servizio civile e nell’impegno a volerlo rendere universale, ovvero una esperienza per tutti. Oggi il riconoscimento della sua utilità è infatti più forte tra chi ha maggiori risorse culturali di partenza, ma il beneficio maggiore di tale esperienza lo ottiene chi parte da basi meno solide, per questo è importante che il servizio civile riesca a coinvolgere con successo i giovani di tutte le provenienze sociali. Il “contro” sta nel fatto che per coinvolgere i giovani è necessario offrire ad essi un’esperienza di valore, da far arrivare con il messaggio giusto e dimostrando poi con i fatti che si tratta di un’attività che arricchisce. Tutto ciò che si rivolge ai giovani ha successo solo se viene costruito con loro e ne stimola, dal basso, il protagonismo positivo. L’aspetto debole della proposta sta nell’imposizione per legge ma anche nella durata di un mese, che appare del tutto insufficiente. Il servizio civile non è infatti volontariato occasionale, ha bisogno di una prima fase di preparazione adeguata e poi di un’azione sul campo di significativa durata per dare i suoi frutti.

LEGGI L’INTERVISTA COMPLETA