Giovani, vecchi, il mondo com’è

06/07/2022
REPUBBLICA
Giovani, vecchi, il mondo com’è REPUBBLICA

C’è poco da far demagogia sui “ragazzi”: se non li metti alla guida dei processi di cambiamento, se non apri loro le porte del lavoro, se non ti preoccupi di ciò che a loro sta a cuore — la sopravvivenza del pianeta, per esempio, la non ingerenza nella sfera intima e personale, la non interferenza sui corpi — stai dicendo che vuoi che il mondo continui ad essere quello che è stato fin qui. Il tuo vecchio mondo. Pazienza se si sgretola, letteralmente, se arde e si prosciuga. Pazienza se, mi ha detto domenica un ragazzo, “siamo la prima generazione che vede davanti a sé la fine del mondo e anche la prima che non può farci niente: non ci ascoltano, non ci fanno entrare”. Le soluzioni ci sarebbero, bisognerebbe metterle in agenda: attuarle prima che finiscano di venir giù le montagne, ammesso che la si consideri una priorità al pari, per esempio, di chi fra Conte e Di Maio sarà l’erede di quel che resta delle stelle. L’altro giorno Alessandro Rosina scriveva sul Sole del processo di “degiovanimento” sulla base degli ultimi dati dell’Istituto Toniolo. Già oggi la fascia d’età 30-34 è un terzo — come numeri assoluti — di quella 50-54 come “potenziale forza lavoro”. Gli under trenta non rilevano quasi. Se questo non è voltare le spalle al futuro, chiudere le porte al cambiamento di cui i più giovani sono motore, allora cosa.

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