Idee e sogni per Milano con progetti di vita e di equità

Caro Schiavi, in questi giorni sul Corriere si è tornati a parlare dei progetti per la città futura, che non si riferiscono solo allo stadio di San Siro. Ma nessuno parla delle nuove povertà che aumentano. Nessuno le guarda più le file ogni giorno davanti alla sede di Pane quotidiano?
Paolo Rossetti

Caro Rossetti, le file davanti a «Pane quotidiano» sono un’immagine che non si dimentica, indicano un bisogno ma anche la solidarietà che tampona un’emergenza. Gia sessant’anni fa, ricorda l’urbanista Fabrizio Schiaffonati in una pubblicazione intitolata «Idee per Milano», era avvertita la necessità di avviare un’inversione della piramide dei valori a Milano e in Lombardia e l’architetto Giancarlo De Carlo lanciava l’idea di creare «una città-regione dell’equità sociale». Ma poco o niente di questo è avvenuto. Milano è una città dove le diseguaglianze aumentano, come i prezzi, con una verticalizzazione dei processi decisionali e una forte concentrazione di investimenti nei mega progetti. Il famoso rammendo di Renzo Piano, la cosiddetta ricucitura delle periferie, rimane un miraggio. Nascono i grandi poli, nell’ex area Expo, nell’ex area Falck, negli ex Scali ferroviari, si consolida Santa Giulia in vista delle Olimpiadi, si trasforma l’area dell’Ippodromo con San Siro in stand by… Progetti e investimenti miliardari non mancano. E questo è un bene. Ma è scappato il freno della programmazione e anche il welfare ne soffre. Davanti a uno sviluppo mai visto, scrive Paolo Favole, manca una regia e la visione sembra rassegnata a questo: ciascun privato attui al meglio la sua parte, il risultato sarà comunque buono per la città. Ma non è sempre così. In un’altra pubblicazione dal titolo «Sognare Milano» economisti, manager, sociologi vedono più speranze nella città che cambia, con digitale e sanità. Ma il demografo Alessandro Rosina avverte: prima della pandemia il dinamismo di Milano attirava giovani e talenti perché offriva quel che altrove mancava. «Ma se non ristabilisce un equilibrio con progetti di vita per i giovani, oggi Milano rischia di entrare in un circolo vizioso, con una bassissima natalità e il rischio di esclusione sociale». Con lo smart working non basterà più offrire quel che mancava altrove: serviranno vivibilità, efficienza dei servizi, offerta culturale, stipendi adeguati, attenzione alle categorie fragili. E mettere le persone al centro, con un’idea solidale di cittadinanza. Oltre al pane, progetti di vita da coltivare.