23/05/2025 | |
IL FOGLIO - 23 Maggio 2025 |

Un tempo era il motore della società, della crescita economica e il simbolo della stabilità. Oggi il ceto medio italiano arranca, impoverito e sempre più escluso dalle dinamiche di sviluppo del paese. Questo è un disagio che spesso è difficile da afferrare ma che i numeri raccontano con chiarezza. Nel rapporto Censis-Cida – presentato ieri durante un convegno alla Camera dei Deputati – il ceto medio si presenta come una classe sociale trasversale, istruita, ma indebolita da scarsi riconoscimenti economici e da un welfare scarso. A identificarsi in questo gruppo sociale è il 66,1 per cento degli italiani, contro il 28,2 per cento che si colloca nel ceto popolare e il 5,7 per cento nel ceto benestante.
“Il ceto medio è un concetto nato dagli anni Cinquanta, nel dopoguerra, in un’Italia in forte crescita economica. In quel periodo si allarga il sistema di welfare e si assiste a una significativa mobilità sociale. Soprattutto negli anni Ottanta il ceto medio vive una stagione di benessere e accumula risparmio”, dice al Foglio Alessandro Rosina, demografo e professore all’università Cattolica di Milano. Tuttavia, questa traiettoria positiva si è incrinata nel tempo. “Con la crisi economica, l’instabilità lavorativa, la bassa occupazione giovanile e femminile e il crescente costo nell’allevamento dei figli, il ceto medio ha avuto difficoltà a mantenere uno stile di vita di qualità”.