La crisi del Covid e le donne. Più colpite, ma anche più forti

20/10/2020
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Tra i tanti modi in cui la pandemia di Covid 19 ha impattato con le nostre vite, uno dei più evidenti riguarda la capacità del virus di accentuare le disuguaglianze e colpire dove persistono fattori di fragilità. In questo l’emergenza sanitaria sembra un rilevatore dei punti deboli di una società, mostrando dove si dovrebbe intervenire per promuovere un contesto più equo, giusto e rispettoso della dignità di tutti. Lo si è visto all’inizio con gli anziani, più colpiti ed esposti di fronte a questo male. Lo si nota pensando ai danni subiti dai più piccoli e dalla generazione privata di opportunità educative, di relazione e di gioco. Lo si osserva guardando al mondo del lavoro e alle categorie meno protette, o alle famiglie con meno mezzi. E lo si vede anche mettendo a fuoco l’universo femminile.

Sono molti gli indicatori che mostrano come una delle categorie più penalizzate dalla pandemia sia proprio quella delle donne: hanno avuto maggiori problemi sul lavoro perché occupate in settori più colpiti, si sono spesso fatte carico di compiti aggiuntivi durante il lockdown e la chiusura delle scuole – sostituendosi in tanti casi agli insegnanti, o facendosi carico di parenti bisognosi di cura – e stanno anche pagando un ritardo, che col tempo rischia di rivelarsi pesante, riguardo ai desideri di maternità. Tuttavia, una delle cose che sembra emergere con chiarezza, è come l’universo femminile si presenti quale un insieme caratterizzato da una migliore attitudine ad offrire le risposte giuste alla crisi, le più corrette in termini di comportamenti e di capacità di “resilienza” al presentarsi delle difficoltà, continuando ad offrire uno sguardo positivo e di speranza.

Un’indagine condotta sulla generazione dai 18 ai 35 anni dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo (Università Cattolica), durante l’avvio della seconda ondata di contagi, ha rilevato bene questa caratteristica che unisce a uno sguardo più severo e preoccupato, la volontà di una reazione positiva. Il 52,5% delle donne ha denunciato infatti un netto peggioramento della propria vita quotidiana, contro il 45,2% dei maschi. E questa incertezza più accentuata, che si è ulteriormente acuita rispetto alla prima fase della pandemia, sembra riferita proprio alla condizione di fragilità nel mercato del lavoro e al sovraccarico negli impegni a casa, soprattutto per chi ha figli piccoli. Questa speciale esposizione può essere anche all’origine di quella che si presenta come una maggiore lucidità che le donne dimostrano di fronte all’emergenza: il 73%, contro il 68% degli uomini, è infatti consapevole che tutti possono contrarre una forma grave di Covid–19, e l’80% (solo il 72,5% i maschi, quasi 8 punti in meno) è perfettamente consapevole di quanto sia importante rispettare le norme per evitare il contagio, come ad esempio il distanziamento fisico. «Nelle giovani donne sembra essere presente un misto tra malessere e resilienza: rispetto ai coetanei maschi si sentono più in difficoltà sia nel lavoro che nell’organizzazione familiare, e forse anche per questo risultano più consapevoli dei rischi della pandemia e più attente verso norme e condotte di contenimento del contagio», spiega Alessandro Rosina, coordinatore scientifico dell’Osservatorio Giovani e demografo dell’Università Cattolica.

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