La parità tra i coniugi ha 50 anni ma la rivoluzione è incompiuta

19/05/2025
La parità tra i coniugi ha 50 anni ma la rivoluzione è incompiuta REPUBBLICA - 19 Maggio 2025

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In quel maggio del 1975, a 12 mesi esatti dalla vittoria del referendum sul divorzio, l’Italia decideva, con la legge 151 sulla “Riforma del diritto di famiglia”, di mettere fine – almeno sulla carta – al patriarcato. Grazie a una formidabile spinta delle donne dei partiti, dell’Udi, l’alleanza tra laiche e cattoliche, comuniste, socialiste, democristiane e liberali, con i voti contrari invece del Movimento sociale di Giorgio Almirante, il Parlamento approvò una legge epocale che sanciva un principio semplice e assoluto: “Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri”. Oggi sembrano parole tanto scontate da apparire banali, ma fino al 1975 il padre e coniuge, grazie al codice maritale fascista del 1942, era invece il dominus assoluto della famiglia. Suo il potere decisionale, sue le decisioni economiche, sua, per decreto, l’ultima parola.

(…) Anche Alessandro Rosina parla di rivoluzione incompiuta. «Quel vento che partendo dal ’68 avrebbe spazzato via la famiglia tradizionale riformandone il diritto, aveva due assi portanti: le donne e i giovani. Perché davvero si potesse realizzare il cambiamento ci sarebbe voluto
un nuovo sistema di welfare. Invece, a differenza di altri Paesi europei, il nostro welfare ha continuato a “premiare” l’uomo capofamiglia come nei primi 30 anni del dopoguerra. Senza strumenti di conciliazione, gravate dal lavoro di cura, penalizzate dalla maternità, le donne non hanno ancora ottenuto quella parità che il diritto di famiglia prometteva». E anche sui giovani, sempre più spesso costretti ad emigrare, «la mancanza di investimenti sull’occupazione, sta portando a una fuga dal nostro Paese di dimensioni catastrofiche». (…)