La politica batta un colpo sulla natalità

05/02/2023
La politica batta un colpo sulla natalità IL SOLE 24 ORE - 5 Febbraio 2023

Serve una Human agency per ridare vigore alle dinamiche demografiche in questa Italia dove il degiovanimento e la conseguente inerzia verso l’invecchiamento della cittadinanza rischiano di creare effetti subiti e mai governati.

È la conclusione, tra il monito e l’appello, del volume “Storia demografia d’Italia. Crescita, crisi, sfide” di Alessandro Rosina e Roberto Impicciatore (Carocci). Una carrellata che parte dall’Italia unitaria e arriva all’Italia del Covid. Una storia di popolo _ e popolazione _ che è anche un susseguirsi di esperienze traumatiche, pandemie comprese.

Già, perché studiare la demografia nella sua storia è, nella prima fase, un’analisi degli impatti della mortalità. Infantile innanzitutto. Se nell’Italia dell’800 una donna che si sposa a 20 anni (ed è la stragrande maggioranza) ha in media tra i 6 e gli 8 figli ciò accade in un contesto dove tifo, tubercolosi, polmonite, malaria e pellagra sono ancora devastanti agenti di morte con una aspettativa di vita alla nascita che non va oltre i 30-35 anni (al Nord) e con il 50% dei figli che non supera i 15 anni.

Poi arriva la transizione demografica intorno al 1910. Il Paese migliora le condizioni igienico sanitarie: le città si dotano di reti fognarie, la medicina crea le condizioni per la scoperta dei sulfamidici e della penicillina e il sapone (sì, proprio il sapone) garantisce una prima barriera nelle famiglie in cui comincia ad attecchire la cultura del <lavarsi le mani>.

Naturalmente tutto questo potrà poco contro l’ecatombe delle due guerre mondiali, la prima delle quali, tra l’altro, coincide con la diffusione di una epidemia influenzale devastante (la famosa Spagnola chiamata così perché fu la Spagna, paese senza censura a darne notizia, ma in realtà veniva da alcuni soldati americani del Kansas).

Mussolini per primo comprende l’importanza della demografia: <senza figli non si fa l’impero si diventa colonia>. E il fascismo opera il primo tentativo di asservire la demografia al potere del regime perché i figli sono i soldati del futuro. I risultati saranno comunque pochi. Ma questo orientamento esplicito lascia un ”baco” nella coscienza collettiva che durerà nel tempo: l’idea che le <politiche pronataliste siano da associare alla cultura fascista>.

I due autori propongono una inedita correlazione statistica: quella tra i tassi di fecondità e il tasso di indebitamento dei diversi Paesi. Soprattutto quando prendono in esame il periodo del boom economico dei “trenta gloriosi” (dal 1950 al 1973 quando entra in scena la crisi petrolifera): negli anni 70 il numero medio dei figli per donna è sopra la soglia di equilibrio generazionale e il debito è sotto il 50% del Pil; poi la crisi degli anni 80 con tassi di invecchiamento e di indebitamento tra i più alti al mondo, crisi che esplode negli anni 90 con il debito che surclassa il Pil e le nascite si inabissano fino a diventare meno della metà rispetto ai tempi del baby boom.

La conclusione della carrellata nella storia è un ritratto a tinte scure: <Difficile trovare alla fine del XX secolo un Paese con peggiore combinazione tra occupazione femminile e fecondità, indebitamento pubblico e invecchiamento della popolazione, permanenza dei giovani nella famiglia di origine e disoccupazione giovanile>.

Eppure, in questo Paese dei paradossi qualcosa potrebbe cambiare. E molto. L’Italia dimentica i giovani, spreca talenti e capitale umano, non ha imparato a gestire la risorsa immigrazione, distribuisce male le risorse del suo Stato sociale perché continua a garantire rendite di posizione a discapito delle generazioni future. Ma proprio l’essere così indietro _ è la tesi finale del libro _ diventa garanzia di un balzo inimmaginabile se solo l’agenda politica finalmente si accorga di questo tema. Il libro non fornisce ricette, però la carrellata nella storia demografica dimostra come sia anche una rassegna di correlazioni con l’evoluzione dell’economia, del pensiero sociale e dei costumi. Le 187 pagine si fermano di fronte a questo <paradosso non sciolto>. Tocca alla politica farsene carico: in realtà ciò che serve è chiaro. E la human agency non dovrebbe fare altro che pensare al domani invece che all’oggi. E improvvisamente l’Italia scoprirebbe i giovani come priorità. E significherebbe finalmente che il Paese ha capito di avere bisogno della loro energia, del loro talento e del loro essere rivoluzionari.

Alessandro Rosina e Roberto Impicciatore  Storia demografica d’Italia. Crescita, crisi e sfide Carocci editore pag. 187 16 euro