«Lavoro ai giovani del Sud o in due anni Italia finita»: l’allarme del demografo dopo i dati Istat

10/07/2022
IL MATTINO
«Lavoro ai giovani del Sud o in due anni Italia finita»: l’allarme del demografo dopo i dati Istat IL MATTINO

Due anni. Alessandro Rosina osserva i dati del rapporto annuale Istat sulla situazione dell’Italia e spiega che ci sono ormai soltanto due anni di tempo per invertire la rotta. «L’alternativa è entrare in un circolo vizioso che con[1]duce al declino, magari riducendosi in una posizione di difesa del quotidiano e adeguandosi a un dato di precarietà permanente», dice preoccupato. Professore di Demografia e Statistica sociale nella Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano e coordinatore del “Rapporto giovani” dell’Istituto “Toniolo”. Rosina nel 2009 ha pubblicato da Marsilio il libro scritto con Elisabetta Ambrosi che aveva un ti[1]tolo assai presago: «Non è un Paese per giovani». Rosina, oggi è l’Istat a ribadirlo. Insomma e purtroppo, ha avuto ragione.

«Quello studio è di 13 anni fa e già allora si prefigurava lo scenario di rischio. Poi la grande recessione tra il 2008 e il 2013 ha peggiorato le condizioni dei giovani in Italia, senza che misure adeguate si rivelassero in grado di ridurre il gap. Tanto che la condizione dei cosiddetti Neet, cioè di coloro che si trovavano esclusi sia dal mondo della formazione che quello del lavoro, i Not in Education Employment or Training, in Italia è apparsa subito come la peggiore in Europa. La pandemia ha fatto il resto. Non soltanto con conseguenze assai negative sull’occupazione, ma – come emerge dall’ultimo rapporto “Toniolo” – anche nel determinare una spirale di depressione emotiva e relazionale che rischia di far precipitare nella negazione di ogni futuro».

Sono gli effetti di un trauma che sugli organismi deboli e fragili finiscono per portare in evidenza patologie antiche?

«Certo. Oggi quel che si delinea nelle modalità ormai di un’emergenza sociale e politica è un quadro di disuguaglianze tra generazioni, classi sociali e territori. Il pericolo è di una regressione che conduce direttamente al declino. Appare quindi indispensabile recuperare i ritardi nell’adozione di politiche adeguate per provare a invertire la tendenza e porre le basi di un nuovo sviluppo. E occorre per farlo in tempi brevi stabilendo priorità precise».

La prima nell’elenco?

«Il nodo da sciogliere subito è quello relativo alle prospettive di lavoro per le giovani generazioni, che soprattutto nel Sud si presenta con grave complessità. Oggi i giovani appaiono schiacciati da un doppio squilibrio che incombe sul loro futuro: del debito pubblico e demografico, ma anche democratico, per il venir meno di un sistema di garanzie che da un lato produce disillusione dall’altro fomenta rabbia. Non è più tollerabile che, sia per chi si mette alla ricerca di una qualsiasi occupazione e sia per coloro che si sono formati nelle Università magari all’estero, l’Italia non abbia la capacità di offrire risposte alle aspettative. Che sono le aspettative di chi intende realizzare un progetto di vita, non esclusivamente di lavoro».

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