Lavoro, il demografo Rosina: “Più immigrati ben inseriti nella nostra società e meno giovani in fuga. O il sistema Paese imploderà”

08/02/2020
IL FATTO QUOTIDIANO
Lavoro, il demografo Rosina: “Più immigrati ben inseriti nella nostra società e meno giovani in fuga. O il sistema Paese imploderà” IL FATTO QUOTIDIANO

“Un Paese con accentuato invecchiamento della popolazione e alto debito pubblico come il nostro non ha alcuna possibilità di tornare a crescere se non rafforza il contributo del suo asse portante produttivo. Se quello crolla, tutto il sistema rischia di implodere“. Il demografo Alessandro Rosina, professore di Demografia e Statistica sociale alla Cattolica di Milano, sintetizza così con ilfattoquotidiano.it la sfida che aspetta l’Italia nei prossimi dieci anni, quando i 30-34enni di oggi raggiungeranno l’apice della vita lavorativa. Con l’effetto collaterale che – come dimostra il paper firmato da Rosina con Mirko Altimari – senza interventi gli occupati nella fascia di età 40-44 anni, la “forza motrice” della nostra economia, crolleranno di oltre il 30%.

Che cosa si può fare, nel breve periodo, per evitare quel crollo?
Lo scenario più favorevole è quello di miglioramento dell’occupazione. Ma questo comunque non basta per evitare il crollo all’interno della fascia centrale lavorativa quando verrà raggiunta dagli attuali 30-34enni. Un contributo può arrivare dai flussi migratori, che però devono essere quantitativamente sostenibili e soprattutto qualitativamente ben inseriti nel modello sociale e di sviluppo del paese. I flussi di ingresso sono scesi negli ultimi anni sotto le 300mila persone e se si tiene conto dei flussi di uscita il saldo scende sotto le 200mila. Nel prossimo decennio si può pensare a un saldo che torni ad avvicinarsi alle 300mila, ma questo significa anche ridurre il flusso di uscita dei giovani italiani verso l’estero. Se l’Italia torna a investire sulle opportunità delle nuove generazioni diventa anche più attrattiva verso il capitale umano di qualità.

In che senso i migranti devono essere ben inseriti nel nostro modello sociale e di sviluppo?
Serve un modello che favorisca l’integrazione. E abbiamo bisogno di rendere più efficiente l’incontro tra le qualifiche necessarie al mercato del lavoro italiano e quelle offerte dalla manodopera internazionale. Oggi la normativa vincola l’entrata regolare per lavoro in Italia all’avere già un’offerta di lavoro nel nostro Paese: questo fa aumentare le entrate irregolari e porta poi a fare continue sanatorie per regolarizzare ex post chi, arrivato in qualche modo, è riuscito a inserirsi nel sistema produttivo. La conseguenza è però anche un alto rischio di sfruttamento nel sommerso da parte di datori di lavoro senza scrupoli, oltre che un’alta esposizione al disagio sociale per chi è nella condizione di irregolare senza lavoro.

Come andrebbe modificata la legge, dal punto di vista del demografo?
Una possibile proposta dovrebbe prevedere un nuovo approccio che favorisca canali di entrata legali, accordi con i paesi di provenienza, un sistema di sponsor in grado di offrire garanzia economica e supporto nella ricerca attiva di lavoro, condizioni (concordate in partenza) di rimpatrio assistito nel caso non venga trovato il lavoro nel tempo concesso. Aggiungerei anche con un sistema di monitoraggio e verifica dell’attuazione della nuova normativa con un processo che ne valuti, in modo rigoroso e trasparente, l’impatto sul mercato del lavoro italiano e sulla riduzione effettiva della presenza irregolare. Nessuno ha soluzioni di sicuro successo.

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