L’’inverno demografico “Neet e migrazione all’estero Ecco la tempesta perfetta”

Decenni di calo delle nascite anche fra le famiglie di origine straniera, combinato all’aumento dei Neet, giovani che non studiano e non lavorano, e alla fuga di braccia e cervelli dall’Italia, hanno creato una “combinazione micidiale”. Anche nei luoghi di lavoro una popolazione sempre più anziana, con sempre meno giovani in grado di supportare quel ricambio generazionale necessario per mettere in equilibrio il sistema. Alessandro Rosina, professore di Demografia all’Università Cattolica, analizza gli effetti dell’invecchiamento della popolazione sul mercato del lavoro e lancia un appello: “È il momento di cambiare rotta, prima che sia troppo tardi”.

Professor Rosina, qual è la correlazione fra il fattore demografico e la difficoltà che il mondo del lavoro riscontra nel reperire personale, anche nel pubblico impiego?

“La correlazione esiste ed è notevole soprattutto in Italia, visto che la denatalità è più spiccata rispetto ad altri Paesi europei. Da trent’anni ogni nuova generazione è dimezzata nel numero rispetto a quella precedente e ora, con l’uscita dal mondo del lavoro dei figli del “baby boom“, si è creata una distorsione inedita e preoccupante. Rispetto ai cinquantenni, i trentenni sono un terzo in meno. La fragilità demografica comporta, quindi, l’ingresso di sempre meno giovani risorse nel mercato del lavoro. Ma non è l’unico fattore che crea una combinazione micidiale”.

Quali sono gli altri?

“L’aumento dei Neet, con la percentuale più alta in Europa. In Italia il 20% dei giovani fra i 25 e i 34 anni non studia e non lavora, e i livelli sono alti anche in regioni industrializzate come la Lombardia. Inoltre gli stipendi bassi portano il personale più preparato e qualificato a trasferirsi all’estero”.

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