L’Italia è un paese in crisi demografica ma le strategie per riprendersi ci sono

16/03/2022
QUI MAMME
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L’Italia è il paese in Europa che da più tempo vive in stato di crisi demografica. Per mantenere la popolazione in equilibrio basterebbe avere due figli per famiglia, ma ormai la media è inferiore a un figlio e mezzo per donna, quindi le nuove generazioni stanno diminuendo in modo significativo. La denatalità galoppa ma gli italiani non sembrano rendersi conto del fatto che di questo passo il paese finirà in crisi. Eppure i dati sono sotto gli occhi di tutti. secondo il rapporto Istat appena diffuso nel 2021 ci sono stati solo 399.431 nuovi nati, in diminuzione dell’1,3% rispetto al 2020 e quasi del 31% a confronto con il 2008, anno di massimo relativo più recente delle nascite. Un calo pesante e continuo su cui bisogna intervenire e di cui si è discusso a Milano durante un convegno intitolato “Dalle culle vuote alla ripartenza del paese”, promosso dagli Stati Generali della Natalità, con il supporto di Quimamme presso l’ospedale pediatrico Buzzi di Milano.

L’età media delle madri è troppo alta
A fare il quadro della situazione drammatica del paese è stato Alessandro Rosina, demografo dell’Università Cattolica di Milano. “Il calo dei nati totali, che già era stato osservato nel corso del 2020 (-3,6% rispetto al 2019), è determinato da tre fattori negativi e persiste perché ci sono tre nodi da sciogliere – ha esordito – ma esistono tre leve su cui lavorare e che ci possono far pensare che l’inversione di tendenza è ancora possibile”. A suo parere il primo fattore negativo è che l’Italia è tra i paesi più bassi in Europa per nascite e tra i più alti per l’età delle donne al primo figlio, colpa della tendenza al rinvio e alla rinuncia di avere bambini. L’indice di fecondità è infatti pari a 1,25 bambini per donna, mentre l’età del primo figlio è in media 31,5 anni, il che significa che le donne italiane hanno il primo figlio quando le loro coetanee francesi si stanno già organizzando per fare il secondo.

Il rapporto giovani – anziani è squilibrato
A causa di questo fattore, le culle si svuotano. Così, se nel 2011 le previsioni delineavano l’inizio del declino della popolazione italiana dopo il 2049, in realtà si è entrati in fase di progressivo declino già nel 2015. “Gli squilibri demografici interni sono fortissimi con gli under 15 che sono meno degli over 65, perché gli anziani crescono in maniera esuberante e i giovani si riducono in maniera drastica”, ha insistito il demografo. “Di questo passo, a metà di questo secolo ci troveremo con il rapporto 1 a 1 tra pensionati e lavoratori, uno scenario incompatibile con la possibilità della crescita economica e della sostenibilità sociale”.

In calo le potenziali nuove mamme
Il secondo fatto negativo consiste nel fatto che si riducono anche le potenziali madri, perché le donne sono in diminuzione. “Colpa della denatalità passata, perché sono nate meno bambine”,ha insistito Rosina. “Il terzo fattore negativo, infine, è l’impatto che la pandemia ha avuto soprattutto tra i giovani, che soprattutto sotto i trent’anni hanno smesso di pianificare e pensare alla famiglia, anche se trai 35enni ‘è ancora il desiderio di non rassegnarsi a una rinuncia definitiva alla maternità”. In questo contesto i nodi da sciogliere sono tre. Anzitutto la difficoltà che i giovani italiani trovano nella transizione tra scuola e lavoro e quindi verso la vita da adulti. “In Italia c’è un record a livello europeo di giovani tra i 30 e il 34 anni, che non studiano e non lavorano ma dipendono da mamma e papà anziché pensare a diventare genitori” ha detto ancora il demografo.

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