«Noi, nati negli anni 2000»

28/02/2018
COOPERAZIONE
«Noi, nati negli anni 2000» COOPERAZIONE

Spesso si sente parlare di loro, più raramente si dà loro la parola. Rimediamo adesso.

Professor Rosina, come descriverebbe la generazione Z?
Disillusa e pragmatica. È molto più disillusa e ha aspettative meno alte rispetto alla generazione precedente, quella dei Millennials, perché ha visto che questi non sono riusciti a realizzare i propri sogni. Quindi si fa meno illusioni sulle proprie capacità di poter cambiare il mondo. Ed è pragmatica: dato che vive in un mondo più complesso e in continuo movimento, la generazione Z ha la necessità di sperimentare continuamente, di imparare facendo. È una generazione touch: non è abituata come quelle precedenti a leggere un libretto delle istruzioni prima di usare un oggetto. Vuole mettersi in gioco, ma ha bisogno di essere preparata e di trovare riscontri immediati.

Spesso viene descritta come una gioventù apatica, sempre incollata allo smartphone. Cosa ne pensa?
Quando gli adulti vedono i giovani diversi da loro, pensano che quella diversità sia una fragilità, mentre potrebbe essere una potenzialità. Non ci sono generazioni migliori di altre, ma ci sono nuove generazioni più in sintonia con il proprio tempo. I giovani rischiano di essere annoiati e passivi se non sono inseriti in contesti stimolanti con strumenti adeguati. Se vengono preclusi da esperienze di questo tipo, si demotivano più facilmente rispetto alle generazioni precedenti. Se invece ci sono i presupposti giusti, i giovani di oggi sono i più esuberanti, sono l’energia più forte, l’intelligenza più attiva e si mettono d’impegno per ottenere risultati più importanti. Quando le nuove generazioni ci sembrano spente, vuol dire che non siamo stati in grado di toccare le corde giuste.

Dovremmo quindi metterci in discussione invece che giudicarli.
C’è sempre stato il rischio di giudicare le generazioni più giovani, con discorsi come: “Noi sì che alla loro età ci impegnavamo…”. Ma oggi la realtà è molto più complessa ed è in più rapido cambiamento. La società dovrebbe impegnarsi per capire cosa sanno fare al meglio i giovani e quali sono i loro desideri, facendo combaciare le loro potenzialità con le nuove opportunità. Siamo noi che dobbiamo imparare a leggere la loro realtà e incoraggiarli a dare il meglio di sé.

Come possiamo farlo?
Dobbiamo irrobustirli, fornendo loro competenze e conoscenze solide, che si ottengono con una formazione adeguata. Si può insegnare loro anche a mettersi in gioco nei social, se questo implica un miglioramento delle loro competenze digitali e non resta solo un passatempo. Dobbiamo aiutarli a costruire fiducia in sé stessi, insegnare loro che si può imparare dai propri fallimenti e che è necessario saper affrontare i nuovi cambiamenti.

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