Oggi i giovani non si accontentano più e se non sono soddisfatti lasciano il lavoro

16/09/2022
Oggi i giovani non si accontentano più e se non sono soddisfatti lasciano il lavoro LA STAMPA - 16 Settembre

Checco Zalone e la sua ironia sul posto fisso sembra preistoria. Gli italiani lasciano in modo sempre più disinvolto il posto di lavoro, hanno inviato un milione di lettere di dimissioni, il 31,7% in più rispetto all’anno precedente. E più della metà sono rinunce a contratti a tempo indeterminato, il 22,18% in più in un anno.

Alessandro Rosina, professore ordinario di Demografia e Statistica sociale nella Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano e coordinatore del Rapporto Giovani dell’Istituto G. Toniolo, che cosa sta accadendo?

«Il quadro che emerge, anche attraverso i dati che abbiamo raccolto dopo la pandemia, mostra che le nuove generazioni cercano un lavoro che non sia un adattamento al ribasso. Il lavoro deve valorizzarli e offrire un riconoscimento della loro capacità. Si è creato un nuovo rapporto tra la qualità della vita e il lavoro: attraverso il lavoro i giovani costruiscono il proprio modo di essere quindi se non sono soddisfatti vanno via».

E’ l’effetto dei due anni di pandemia?

«La pandemia ha accentuato l’insofferenza dei giovani nel sentirsi vincolati. Cercano situazioni in cui potersi esprimere pienamente dopo la grande compressione prodotta dal lockdown, vogliono fare un balzo in avanti, hanno voglia di vita piena. Poi c’è un altro aspetto che caratterizza le nuove generazioni, sono più esposte a demotivarsi. Se non trovano un terreno fertile dove potersi esprimere – che sia un territorio, un’azienda, un ambiente – tendono più facilmente ad andarsene per cercare qualcosa di più congeniale».

Il mercato del lavoro italiano sta finalmente diventano più dinamico rispetto al passato?

«Sicuramente sì. Sono i primi segnali di una tendenza che si va consolidando. Anche da un punto di vista demografico i giovani sono sempre di meno. Quindi, se in passato erano loro a doversi adattare al mercato del lavoro, ora accade il contrario. Le nuove generazioni stanno diventando il capitale umano centrale. Le realtà aziendali che vogliono avere successo hanno bisogno di giovani qualificati, competenti, in possesso di conoscenze in termini di innovazione e capacità di interpretare le novità che soltanto loro hanno. Per attirarli, ed evitare che vadano via, saranno sempre più costrette ad adattarsi alle loro condizioni».

Quali sarebbero?

«Sentirsi realizzati rispetto al salario ma anche al modo di lavorare, all’ambiente, all’orario, alla flessibilità. Il mondo del lavoro dovrà cambiare e adattarsi se non vuole correre il rischio di perdere il migliore capitale umano».