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Politiche adeguate quindi non solo aumenterebbero l’occupazione giovanile e femminile, con effetto immediato sulla forza lavoro, ma porterebbero maggiore natalità con una riduzione degli squilibri demografici».
Altro punto chiave è quello dell’immigrazione.
«Gli altri Paesi stanno investendo sul miglioramento della capacità attrattiva della forza lavoro e di inclusione e integrazione, soprattutto nei settori in cui la mano d’opera è carente. Anche noi dovremmo puntare su questo, non considerando l’immigrazione solo un problema di sicurezza sociale, ma imparando a gestirla come parte integrante dei processi di sviluppo del paese, rispetto a tanta necessità di mano d’opera».
Una certa miopia politica non agevola questo processo.
«Perché siamo stati sempre più un Paese di emigrazione che di immigrazione, e quindi culturalmente siamo meno preparati ad affrontare questi processi rispetto a Francia, Germania e Regno Unito che gestiscono da tempo queste politiche. D’altra parte però abbiamo problemi maggiori degli altri nel recupero di manodopera e questo dovrebbe spingere la politica a cambiare la narrazione negativa con cui si guarda all’immigrazione»