Un Paese che non utilizza le risorse umane che ha

16/01/2023
Un Paese che non utilizza le risorse umane che ha REPUBBLICA - 16 Gennaio 2023

Ogni fase storica viene percepita dai contemporanei come unica, straordinaria e irripetibile. Ed è giusto che sia così, perché unica, straordinaria e irripetibile è la vita di ognuno di noi e il passato, nonostante le sue convulsioni, rivoluzioni e sconvolgimenti ci appare appiattito nella sua lontananza. Sotto il profilo demografico, la storia recente, è stata eccezionale e bene hanno fatto, Roberto Impicciatore e Alessandro Rosina, nel loro bel libro “Storia demografica d’Italia” ad intrecciare le vicende passate della con quelle degli ultimi decenni: un’analisi di storia sociale nella quale la demografia ha un ruolo da protagonista.

Alla metà del secolo scorso, l’Italia era il decimo paese al mondo per popolosità, ora arranca oltre la trentesima posizione. In vaste zone del paese il controllo delle nascite era sconosciuto e le famiglie numerose erano una normale presenza, ma oggi è il figlio unico ad essere la regola e le famiglie con molti figli l’eccezione. Allora l’aspettativa di vita era di 65 anni, oggi è di vent’anni più lunga. Allora centinaia di migliaia di emigranti lasciavano il nostro paese, oggi sono centinaia di migliaia gli immigrati che arrivano in Italia. Questi sconvolgimenti demografici – del resto assai più attenuati di quelli avvenuti nel resto del mondo – hanno accompagnato lo straordinario aumento del tenore di vita degli Italiani, sestuplicato a partire dalla metà del secolo scorso.

La storia recente, ripercorsa con equilibrio dai due Autori del libro, ci conduce alla preoccupante situazione attuale. Non appaiono rosee le prospettive di sviluppo della società italiana che ogni anno, da otto anni, perde un numero di abitanti equivalente a quelli di una media città; che è  fortemente invecchiata, con i nonni che sono assai più numerosi dei loro nipoti. Nella quale i giovani entrano con grande ritardo nella vita attiva e con ritardo ancor maggiore hanno figli; troppe donne non possono o non riescono a entrare nel mercato del lavoro; le asimmetrie di genere nell’allevamento dei figli e nella cura degli anziani sono forti; il sistema educativo non riesce a catturare un’alta quota della popolazione. Si è detto più volte che la nostra è una società che non utilizza appieno le risorse umane che ha. Ha pochi giovani, ma non investe abbastanza su di loro, deprimendone le potenzialità. Nei decenni successivi all’ultima guerra, la maggioranza dei giovani trentenni erano autonomi dalla famiglia di origine, avevano un lavoro, erano sposati, magari con uno o due figli, contribuivano significativamente alla formazione del prodotto economico del paese. E proprio per questo contavano nella società. Il confronto con l’attualità è sconfortante. Ci sono altri esempi di scarsa utilizzazione delle risorse umane: oltre alle donne che non riescono a entrare nel mercato del lavoro, le schiere di anziani in buona salute ritirati dal lavoro e senza un’attività o i figli di immigrati non considerati cittadini del paese a parte intera.

“Eppure, paradossalmente, proprio per avere sottoutilizzato il capitale umano…[l’Italia] è forse il paese in Europa che più avrebbe energie potenziali per una spinta in avanti, in presenza di una direzione chiara e di strumenti adeguati” si dice nell’introduzione del libro, una nota di ottimismo nel fosco quadro della demografia del paese. Un esempio di mancanza di “direzione chiara” è costituita dall’assenza di una politica migratoria, anche se c’è un gran parlare, annunciare, denunciare: sulla lontananza dell’Europa, sui pericoli per la sicurezza del paese, sull’ambiguità dei paesi confinanti, sui porti sicuri e insicuri, sulle ONG, sugli sbarchi e i respingimenti. Ma c’è un silenzio profondo circa il fatto che nel nostro paese imprese e famiglie richiedono lavoratori che scarseggiano in patria e abbondano all’estero, e che dovremo ammettere e accogliere con le loro famiglie.  Con quali criteri reclutarli? Con quali risorse integrarli? Con quali modalità concederemo i sacrosanti diritti che a loro spettano? Se gli scorsi governi, su questi temi, sono stati timidi, quello attuale risulta chiuso in un ermetico mutismo.