Welfare e benessere riducono la forza della crisi demografica

Ciò che rende dinamica una popolazione non è tanto l’aumento o la diminuzione degli abitanti, ma lo sviluppo delle fasi della vita, il succedersi delle generazioni e il rapporto in evoluzione tra di esse.

Ciò che rende dinamica una popolazione non è tanto l’aumento o la diminuzione degli abitanti, ma lo sviluppo delle fasi della vita, il succedersi delle generazioni e il rapporto in evoluzione tra di esse. Il declino e gli squilibri demografici sono, piuttosto, la conseguenza di quello che non funziona nei meccanismi che generano benessere lungo il corso della vita e nelle relazioni intergenerazionali. Il sistema di indicatori provinciali pubblicati ogni anno dal Sole 24 Ore sulla qualità della vita nelle diverse fasce d’età (Bambini, Giovani e Anziani), arrivato alla quinta edizione, risulta quindi particolarmente prezioso.

Viviamo una fase storica di grande cambiamento nel rapporto quantitativo tra generazioni, dovuto alla bassa natalità, con forti implicazioni sociali ed economiche. Ma allo stesso tempo è in atto un profondo mutamento qualitativo sia nelle fasi della vita, come conseguenza della longevità, sia nelle istanze, esigenze, caratteristiche delle nuove generazioni rispetto a quelle precedenti. Queste diverse dimensioni si intrecciano e si declinano in modo diverso nei vari contesti territoriali, interagendo con le caratteristiche strutturali e con le specificità culturali.

I dati evidenziano che la percentuale di 65enni e oltre nei prossimi dieci anni andrà ad aumentare di circa il 18% in tutte le ripartizioni italiane, con anche poca differenza tra grandi centri e aree interne del paese. Mentre la quota di under 15, sempre nell’arco di una decade, è prevista ridursi del 18% nel Mezzogiorno e del 13% nel Nord. Se, quindi, la bassa natalità va a ridurre le basi demografiche in tutto il paese, le tendenze sono ancor più negative nel Sud e nelle Isole. Eppure i dati sul numero di figli desiderati indica un valore medio attorno a due e sensibilmente più alto nel Mezzogiorno. Questo significa che è soprattutto la carenza di condizioni oggettive adeguate e servizi di qualità che frena – ancor più in un contesto di incertezza globale – la scelta di formare una famiglia con figli. Il che porta tendenzialmente a un declino della popolazione e a maggior squilibri demografici nelle aree economicamente più fragili e con welfare formale più debole. La percentuale di giovani accentua ulteriormente le differenze territoriali: la fascia 18-34 entro il 2034 andrà a ridursi dello 0,3% come media nazionale ma il segno negativo sale a oltre il 10% nel Mezzogiorno, mentre in varie aree del Nord si avrà un aumento. Differenze che si spiegano soprattutto per la maggiore attrazione delle regioni settentrionali dei flussi dall’estero e per i movimenti interni provenienti dal Sud.

L’area che risulta maggiormente tenere rispetto al declino demografico è quella che unisce Emilia-Romagna con buona parte della Lombardia, il Trentino Alto-Adige e la fascia occidentale del Veneto. Nel caso del Trentino Alto-Adige grazie ad una natalità meno sofferente rispetto al resto d’Italia, mentre per altre province di tale area, in particolare Milano e Bologna, grazie ad una maggior capacità attrattiva.L’area, invece, in maggior declino mette assieme le due Isole e le province interne del Sud. Ai due estremi, sia geografici che nelle dinamiche demografiche, stanno le province di Caltanisetta e Bolzano.

Non stupisce, all’interno di questo quadro, che Caltanisetta si trovi ad occupare l’ultimo posto dell’indicatore sintetico sui Bambini dell’esercizio del Sole 24 Ore. Se Bolzano si trova al 42esimo posto è dovuto soprattutto ad alcune specificità della sua situazione. Bassa, in particolare, risulta in tale provincia l’incidenza dei progetti PNRR per l’istruzione che si concentrano, proprio per la debolezza di partenza, nelle province meridionali.  Eccelle però per spesa sociale per la famiglia e tasso di fecondità.

Milano e Bologna si trovano ben collocate sull’indicatore dei Bambini, ma scendono su livelli molto più bassi su quello dei Giovani. Ciò è dovuto al fatto che la forte attrattività si scontra con alcune criticità caratteristiche di tali grandi città. Milano, in particolare, si trova verso il fondo della classifica rispetto ai costi di locazione e alla percezione di insicurezza. Molto migliori, su questa fascia, sono le posizioni delle città intermedie, rientranti nell’area sopra delineata che meglio resiste al declino demografico, come Bolzano, Trento, Brescia, Bergamo, Cremona e Verona. Queste province presentano un posizionamento elevato anche sull’indicatore degli anziani. Una conferma delle alte potenzialità dei centri medi sia di contenere il declino demografico sia di favorire un invecchiamento sostenibile attraverso un welfare comunitario attento a tutte le fasi della vita.

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