La rivoluzione demografica deve partire da giovani e donne

08/07/2017
LETTERA 43
La rivoluzione demografica deve partire da giovani e donne LETTERA 43

in Italia nascono pochi bambini e lavorano poche donne. No lavoro, no figli. E cosa fanno le ragazze, le donne, le signore mature? La prima risposta che mi viene in mente è che “fanno il welfare”. Gratuito per tutti, “dannoso” – soprattutto a lungo termine e in termini economici – solo per chi lo realizza. Perché si tratta di un lavoro non retribuito, non riconosciuto. Che non prevede una pensione. Un lavoro di volontariato per la famiglia e per la società tutta. Che continua a lasciare le donne in secondo piano rispetto agli uomini. Poi le donne se fanno un figlio – e se hanno un lavoro – in 4 casi su 10 perdono il posto dopo due anni. Mentre se l’impiego riescono a conservarlo, sempre nei due anni seguenti, guadagnano in media il 35% in meno rispetto a prima.

«RICOMPORRE VITA E LAVORO». Nel frattempo, i Paesi in via di sviluppo crescono e fanno figli. Noi, invece, invecchiamo. I giovani non trovano lavoro – o guadagnano poco e in maniera discontinua – e non avranno la forza di reggere il sistema Paese da qui a 30-40 anni. «Noi siamo uno dei Paesi sviluppati con peggiore combinazione tra bassa natalità, bassa occupazione femminile e alto rischio di povertà infantile», spiega Alessandro Rosina, docente di Demografia, Università Cattolica di Milano, co-autore del libro Demografia (Bocconi editore). «Questo porta a un accentuato invecchiamento della popolazione, minor crescita, maggiori costi sociali, persistenti squilibri generazionali e di genere. Per uscire da questa spirale è necessario ricomporre vita e lavoro. Un binomio che sta diventando sempre più centrale nel coniugare welfare e sviluppo nei processi di crescita più virtuosi del XXI secolo».

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