Storia demografica d’Italia. Crescita, crisi e sfide

Crescita, crisi e sfide

Storia demografica d'Italia.
Editore: Carocci editore
ISBN: 9788829016792
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Nel volume si ricostruisce il percorso demografico italiano in rapporto ai mutamenti culturali, sociali ed economici.

Oggi in Italia, rispetto al passato, siamo complessivamente più ricchi e più longevi. Allo stesso tempo, siamo un paese che sta invecchiando rapidamente, con una fecondità tra le più basse al mondo e con una popolazione entrata in fase di declino. Ma come si è arrivati a tutto questo?

 

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Siamo all’inizio di un esperimento mai visto prima nella Storia, e le cavie siamo noi.

Viene da pensarlo leggendo Storia Demografica d’Italia (Carocci editore, 16 euro, 188 pagine), dei demografi Alessandro Rosina, professore all’Università Cattolica di Milano, e Roberto Impicciatore, che insegna all’Università di Bologna: un testo che inquieta più di un horror, perché ci mette di fronte al disastro demografico verso cui l’Italia sta correndo.

«In effetti dopo il picco del 2014 di 60,3 milioni di italiani, siamo già scesi a meno di 59 milioni: è la prima volta che andiamo incontro a un declino di popolazione “volontario”, cioè non prodotto da guerre o epidemie» ci spiega Rosina «È un terreno incognito, sulla cui scivolosa china ci dovremmo muovere con estrema cautela».

L’Italia è scesa sotto al tasso di sostituzione della popolazione, 2,1 figli per donna, nel 1976, dopo aver toccato un picco di 2,7 nel 1964, crollando a 1,25 del 2021.

«Le cause, ricostruite nel libro nel contesto delle vicende storiche del paese, sono varie e complesse. In estrema sintesi dopo l’entusiasmo del boom economico e demografico degli anni ’60, le successive crisi sociali ed economiche hanno spinto l’Italia a investire più sulla conservazione dell’esistente che sul futuro, creando meno spazi e opportunità per giovani e donne di adeguata realizzazione nel lavoro e nelle scelte di vita. Non è un fenomeno solo italiano, ma noi lo abbiamo affrontato poco e male».

Spesso si sente dire che la soluzione è rimandare a casa le donne …

«Oggi l’Italia ha uno dei minori tassi europei sia di impiego femminile, 49,4 per cento,  che di fecondità, e non è certo un caso: una famiglia con un solo reddito è spesso povera, e la nascita di un figlio non aiuta, per cui le donne che non lavorano di figli ne fanno meno. Continuando così al 2050, per la continua riduzione del numero di giovani e una durata di vita sempre maggiore, l’Italia rischia di essere il primo paese con un pensionato per lavoratore: una situazione insostenibile».

Un aiuto forse arriverà la tecnologia, permettendoci di produrre di più con meno manodopera.

«Il Giappone ci scommette, educando e formando i suoi giovani per una industria sempre più hi-tech, così che la loro creatività e produttività compensi il loro numero minore. Noi non lo abbiamo fatto, e anche per questo molti nostri giovani emigrano: 900mila fra il 2012 e il 2018».

E allora come si esce da questa  trappola demografica?

«Diventa sempre più difficile, perché quelli necessari a riequilibrare la situazione al 2050, ormai sarebbero già dovuti nascere. Dovremmo fare subito ciò che ha fatto la Germania venti anni fa: destinare imponenti risorse ai giovani, per migliorarne istruzione e reddito, aiutarli a uscire dalle nostre iperprotettive famiglie, conciliare lavoro femminile e natalità. I tedeschi negli ultimi anni hanno anche accolto 500mila immigrati l’anno: certo, pongono anche problemi di integrazione, ma costituiscono un’iniezione di giovinezza per la società tedesca, che la manterrà produttiva, innovativa e con conti previdenziali più sostenibili, nei prossimi decenni».

su Il Venerdì di Repubblica

La nostra Italia spiegata dalla demografia.  La recensione di Stefano Folli al libro di Alessandro Rosina.

su REPUBBLICA