L’insicurezza non deve condizionare le nostre vite

Viviamo in un mondo molto migliore rispetto all’inizio del secolo scorso, per non parlare dei secoli precedenti. La stessa violenza disperata degli attentati terroristici è sintomo del fallimento delle forze disgregatrici e oscurantiste. Potranno vincere loro solo se riusciranno a farci perdere fiducia e convinzione in noi stessi. Non facciamo come nella storia di Samarcanda, non cambiamo destinazione per paura ma proseguiamo con ancora più determinazione verso un futuro desiderato.

Viviamo in un tempo di grande instabilità e insicurezza. I fatti nazionali e internazionali di questo periodo ce ne sta dando ampia conferma. Nessuno fino a qualche settimana fa poteva immaginare il colpo e il contraccolpo di stato in Turchia. Ancor prima, grande impressione ha destato la sequenza di eventi di cui sono state vittime nostri connazionali. All’inizio di questo mese a Dacca sono stati uccisi in modo efferato nove italiani che si trovavano all’estero per lavoro. La vita di altri sei, serenamente in vacanza a Nizza, è stata improvvisamente travolta e spezzata dalla furia omicida di un terrorista squilibrato. In mezzo a tali due eventi l’incidente ferroviario in Puglia nel quale – per una inaccettabile combinazione di errori umani, inefficienze burocratiche e arretratezza tecnologica – hanno perso la vita ventitre persone.

L’impressioni comune è che non ci sia alcun posto in cui sentirsi del tutto sicuri. Viviamo una sorta di sindrome di Samarcanda: non sappiamo dove andare, cosa aspettarci e quali scelte fare per ridurre i rischi. Le cronache di questi tempi sono piene di storie di persone che hanno perso il treno all’ultimo momento o si sono spostate dal luogo della strage per una telefonata o hanno cambiato programma per un imprevisto trovandosi proprio dove era meglio non essere. I nomi degli italiani morti a Nizza si sono saputi vari giorni dopo l’attentato anche perché, su un’ampia lista di persone di cui non si avevano notizie, non era chiaro chi si trovava effettivamente in quel luogo della città e chi si era spostato altrove.

Muoversi rapidamente in tutto il mondo è molto più facile rispetto all’epoca in cui è ambientata la storia cantata da Vecchioni. Per andare incontro al proprio destino non è necessario farsi dare un cavallo “figlio del lampo, degno d’un re”. Il pianeta è diventato molto più piccolo, con i mezzi per spostarsi e rischi a cui andare incontro, sempre più condivisi. Ai tempi di Jules Verne sembrava una grande conquista poter pensare di girare tutto il globo in soli 80 giorni. Oggi basta meno di una mezza giornata di volo per raggiungere il punto antipodale di Milano.

Nell’ultimo secolo siamo stati coinvolti in due guerre mondiali, ma ci siamo anche illusi di esserci poi inseriti in un percorso di crescente benessere economico, stabilità e sicurezza. Tutto questo sembra ora in discussione, con la crisi economica, il terrorismo di matrice islamista, l’Europa che si sfalda, il medio oriente irrequieto, i conflitti razziali negli Usa, l’Africa che aumenta la sua pressione demografica.

Dobbiamo temere di tornare indietro? Il rischio c’è sempre. Nulla di quanto le generazioni precedenti sono riuscite ad ottenere è acquisito irreversibilmente. Nulla va considerato scontato. Ma è anche vero che se ci guardiamo indietro vediamo che lunga e di successo è stata, complessivamente, la strada intrapresa. Viviamo in un mondo molto migliore rispetto all’inizio del secolo scorso, per non parlare dei secoli precedenti. La stessa violenza disperata degli attentati terroristici è sintomo del fallimento delle forze disgregatrici e oscurantiste. Potranno vincere loro solo se riusciranno a farci perdere fiducia e convinzione in noi stessi. Non facciamo come nella storia di Samarcanda, non cambiamo destinazione per paura ma proseguiamo con ancora più determinazione verso un futuro desiderato.

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