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ROMA Detrazioni fiscali o assegno unico rinforzato. Bonus bebè e nuovi asili nido. Congedi parentali retribuiti per entrambi i genitori e più lunghi (fino a io giorni) per i papà. Ma anche bonus per chi assume lavoratrici madri e più tempo pieno nelle scuole. O aiuti economici per giovani che acquistano la prima casa. Per favorire la natalità in Italia ogni governo prova a trovare la sua ricetta. Ma qualcosa non funziona se a fine 2023 sono nati solo 379 mila bambini (meno 3,6% rispetto al 2022); se il baby boom del 1964 con il record di 1.035.207 nati sembra un altro mondo; se l’età media delle donne italiane al primo figlio è di quasi 32 anni (31,6) contro i 29,7 della media Ue e se in Italia il numero medio di figli per donna è 1,20 (il minimo storico di 1,19 è del 1995) contro la media Ue di 1,46. E l’andamento dei primi 6 mesi del 2024, registra l’Istat, sta lì a certificare un’ennesima discesa verso il basso: solo 178 mila nuovi nati, pari a meno 1,496 rispetto al primo semestre 2023. L’Istat stima quindi che a fine anno i nuovi nati si fermeranno a 374 mila bambini. Meno che nel 2023.
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Secondo Alessandro Rosina, ordinario di Demografia alla Cattolica di Milano: «L’incertezza frena le nuove generazioni: lavori precari, salari bassi, alti costi per la casa non spingono a diventare genitori, e infatti abbiamo l’età media più alta per il primo figlio». E dopo il primo «è ancora più difficile: all’incertezza si aggiungono i problemi di conciliare vita e lavoro». Serve dare fiducia con misure stabili: «Anno dopo anno si ragiona su singoli interventi senza un orizzonte generazionale, ma un sistema coerente di politiche con misure da monitorare per vedere se funzionano darebbe fiducia alle persone e possibilità di scegliere». Anche di diventare genitori.