Gli adolescenti smarriti èer l’assenza degli adulti

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È uscito nelle scorse settimane il Rapporto Giovani 2025 dell’Osservatorio giovani Istituto Toniolo. Il volume, edito dal Mulino, è curato dal professor Alessandro Rosina, ordinario di Demografia e statistica sociale all’Università Cattolica di Milano. Rosina è anche l’autore di uno dei saggi del Rapporto Aisp sulla popolazione curato da Daniele Vignoli e Anna Paterno, appena uscito sempre per Il Mulino, nel quale si occupa della condizione giovanile in Italia. A lui abbiamo rivolto alcune domande in particolare rispetto alla condizione degli adolescenti.
Professore, cosa emerge dalle indagini svolte? L’aspetto più evidente e preoccupante è che tra gli adolescenti c’è un fortissimo disagio e una fragilità diffusa dovuti alle disuguaglianze di partenza che la scuola fa fatica a compensare. L’adolescenza è l’età delle incertezze. Dov’è che la scuola dovrebbe intervenire? Quando si chiede ai ragazzi, sia delle medie, sia delle superiori, se la scuola che frequentano oltre a guardare alla performance del voto sappia essere inclusiva, quello che in tanti dicono è di non aver trovato un contesto scolastico che li ha sostenuti e aiutati a superare le fragilità da cui partivano. Cioè è mancato un percorso anche formativo ed educativo in grado di rafforzarli, di renderli più solidi e consapevoli per evitare una condizione che come ben sappiamo rischia di poi produrre disuguaglianze persistenti. Cosa chiedono gli adolescenti al contesto scolastico? Hanno l’esigenza di sentirsi accolti, di far parte di qualcosa. È il punto di partenza per sentirsi stimolati a dare il meglio di sé, a cimentare le proprie capacità. Cosl possono compensare le fragilità di partenza. Laddove questo non accade c’è il rischio dell’abbandono precoce degli studi e tanti ragazzi non arrivano alla maturità. E qui si apre un altro capitolo. Vale a dire? In un contesto del genere, chi parte da una condizione svantaggiata oltre alla fragilità dovuta all’età ha la forte convinzione che non potrà recuperare e quindi tanto vale cercare rivalse nel presente o cercare comunque realizzazioni nel breve periodo. Rinunciano cioè a pensare al futuro perché “sanno” già che è segnato dal fatto di essere nati in un contesto territoriale e familiare più fragile. Sono portati a credere che non ci siano alternative? C’è una sorta di doppia convinzione. C’è quella che ho appena descritto che in più negli adolescenti è consolidata dall’osservare le difficoltà che i loro fratelli maggiori, o la generazione immediatamente precedente, incontrano nell’entrare in maniera solida nel mondo del lavoro, ad avere stipendi adeguati. Difficoltà che spingono molti a doversene andare all’estero per trovare delle opportunità. È cosa per tutti? Dipende dal contesto in cui si nasce, dal percorso di vita, dalla famiglia che si ha. Il lavoro in Italia si continua a trovare attraverso i canali informali, non attraverso i sistemi esperti dei centri per l’impiego come avviene negli altri Paesi europei. Questo significa che all’estero indipendentemente da dove arrivi quello che conta è le competenze che hai. E ti aiutano a ottenere quelle che ti mancano in funzione di ciò che il mercato offre. E questo riguarda tutti allo stesso modo. In Italia, nel terzo millennio, contano ancora le “conoscenze giuste nonostante il ministero del Merito? Se hai le conoscenze giuste, se hai il supporto “giusto” della famiglia, se hai le relazioni “giuste” più facilmente puoi trovare il lavoro perché appunto qui da noi i canali formali sono molto carenti. Questo mismatch fra domanda e offerta fa sl che a essere esclusi siano soprattutto i giovani che arrivano dai contesti socio-culturali più deboli. Questa situazione che è palese e o :ettiva per i 25-30enni diventa un’esperienza vicaria per gli attuali 15-16enni. Quando devono pensare a se stessi come saranno tra dieci anni, quale sarà la loro situazione questo è quello che vedono. E cioè che le nuove generazioni in Italia non sono adeguatamente valorizzate e sostenute dal mondo degli adulti. Quindi chi parte da una situazione svantaggiata è consapevole che più degli altri, oltre a non aver avuto l’aiuto necessario durante il percorso scolastico, avrà difficoltà a trovare il giusto riconoscimento per le sue capacità anche nel mondo lavorativo. È facile intuire come si sentano. Tra gli adolescenti e i giovani c’è una consapevolezza molto forte riguardo alla difficoltà di poter realizzare un riscatto sociale, un percorso di vita in linea con le loro capacità e ambizioni, peraltro amplificata da un mondo che è diventato molto più complesso e pieno di insicurezze e di insidie. Questo li porta a vivere in difesa, a essere schiacciati nel presente e quindi ad avere molta ansia nei confronti del futuro, o a trasformare le loro difficoltà in rabbia e disagio. L’articolo 3 della Costituzione dice che «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana etc…»… C’è molta ipocrisia attorno ai giovani e agli adolescenti, e questo loro lo sentono. Quello di cui hanno bisogno sono dei contesti autentici, di cui si possono fidare. Hanno bisogno di avere attorno adulti di riferimento coerenti, che li sostengano non solo a parole ma anche nei fatti. Mentre i politici per primi sono quelli che li tradiscono con false promesse o ignorandoli del tutto, costringendoli a crescere camminando sulle sabbie mobili.

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