I nati dopo la Milano da bere: la ripartenza degli inclusivi

26/10/2021
I nati dopo la Milano da bere: la ripartenza degli inclusivi CORRIERE BUONE NOTIZIE

C’è una generazione che ha voglia di ripartire. E che per farlo chiede di essere ascoltata dalle Istituzioni. Giovani che, dopo l’emergenza sanitaria che li ha bloccati in famiglia, li ha frenati nella realizzazione dei loro sogni, si sono trovati a fare i conti con l’incertezza di un paese che si trova a dover ripartire ma che ancora non ha chiare le prospettive verso cui muoversi. Ma soprattutto non è ancora stato in grado di chiarire che posto i giovani debbano occupare in questo cambiamento. Una nuova generazione che vuole e essere parte attiva nella creazione di un nuovo modello sociale ed economico che vede nello sviluppo inclusivo e sostenibile la nuova via per la crescita.

Ragazzi e ragazze pronti a non rassegnarsi trasformando così il lockdown vissuto in una possibilità per rimettersi in gioco. Under 35, per lo più donne, che hanno prima subito le conseguenze dell’emergenza sentendosi in trappola, vivendo stati di depressione e di disagio, e che ora da quegli episodi traggono la forza per ripartire. “Una crisi che poteva travolgere i progetti e il futuro di questi giovani- commenta Alessandro Rosina, coordinatore scientifico dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo-. E invece ad un anno di distanza mostrano come, nonostante tutto, riescano a trovare in loro stessi la forza per affrontare i cambiamenti”. A fotografare la situazione il Rapporto Giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Milano, che dal 2013 analizza la condizione giovanile in Italia. Lo studio ha riguardato un campione di 6mila giovani di età compresa fra i 18 e i 34 anni residenti in Italia, Regno Unito, Germania, Francia e Spagna. Dati che mostrano due lati opposti della stessa medaglia. Una negativa in cui gli intervistati vivono un processo di degiovanimento essendo un terzo in meno degli attuali 50enni. “Dato che rischia di rallentare la nuova fase di sviluppo da avviare nel post pandemia – spiega il professor Rosina -. Dove il capitale umano delle nuove generazioni dovra’ avere un ruolo attivo e qualificato nella società e nel mondo del lavoro”. E proprio il mondo del lavoro, ancora una volta, a preoccupare i giovani, per lo più italiani e spagnoli. Gli under 35 italiani partivano da condizioni di maggior fragilità rispetto alla media europea. In particolare il tasso di Neet (giovani che non studiano e non lavorano) tra i 25 e i 34 anni – fase della vita cruciale per i progetti di vita – era pari al 23 per cento nel 2008 all’inizio della grande recessione e risultava pari a 28,9 per cento nel 2019 alla vigilia della pandemia (mentre la media Ue era pari al 17,4 per cento nel 2008 e al 17,3 per cento nel 2019). Ostacoli individuati nel 46,7% dei casi nella paura di diventare neet, e nel 43,7% nel non poter avere una casa propria. Problematiche che chiedono – insieme alla disuguaglianza, sentita dal 30 % dei tedeschi e dei francesi, e alla povertà – vengano affrontate in modo efficace dalla politica. Il Toniolo analizza poi la condizione del lavoro con cui i giovani si devono confrontare. Una difficoltà che nei paesi con una crescita economica più solida, come in Germania e Francia, e servizi più efficienti si riscontra più nella formazione. In Italia invece secondo da migliorare è l’incontro tra domanda e offerta, conseguenza di un debole e poco efficiente sistema di servizi per l’impiego. “I giovani italiani considerano deboli nel proprio paese i programmi di riqualificazione delle competenze – spiega ancora Rosina -. accumulando cosi’ una fragilita’ che frena progetti di vita e li porta a valutare con PIU’ preoccupazione il futuro rispetto ai loro coetanei di altri stati”. Eppure sono proprio gli intervistati italiani a voler affrontare le nuove sfide che il futuro impone. Una reazione che passa secondo la sostenibilità, la conversione ecologica e la transizione digitale. Chiedono, in particolare, uno sviluppo capace di creare benessere e felicità (85,9%). “I dati dicono che hanno capito di poter ripartire da loro stessi contando sulle proprie capacità- spiega Rosina­ . Una voglia di reagire che parte soprattutto dalle donne. Il 45% ad un anno di distanza, ad esempio, ha capito di apprezzare più la vita e di essere più forte (40%). Solo il 12 % ha detto di apprezzarla meno di prima. Di questi il 43% è donna”. E se il 40% dei giovani ha aumentato la capacita’ di cavarsela nelle difficoltà da solo, di questi il 43% è formato da ragazze contro il 38% di uomini. Insomma i giovani dimostrano di voler cambiare e rinnovare il paese e si aspettano si scommetta su di loro per far partire una nuova stagione di sviluppo. “servono però strumenti e politiche adeguate – conclude Rosina -. se non si riparte dalle nuove generazioni il paese esce dall’emergenza ma non va da nessuna parte”.