La terza età va valorizzata e sostenuta

30/07/2022
La terza età va valorizzata e sostenuta ECO DI BERGAMO

L’aumento della terza età è tipico delle economie mature, ma le società devono attrezzarsi in tempo e meglio, avverte Alessandro Rosina, professore ordinario di Demografia e Statistica sociale all’Università Cattolica di Milano: <La longevità si estende ed è un fatto ovviamente positivo. Aumento quantitativo e qualitativo. La riduzione della natalità dà più peso agli anziani: bisogna sfruttare al meglio le nuove opportunità e gestire in modo oculato i nuovi problemi>.

Un cambiamento strutturale: più anziani e meno giovani.

<C’è un evidente squilibrio, perché la crescita degli anziani procede di pari passo con la denatalità: da qui la riduzione della popolazione attiva, cioè giovani e adulti in età lavorativa. Da un lato cresce la spesa pensionistica e sanitaria e occorre finanziare e rendere operativo il welfare territoriale. Dall’altro la società con sempre meno giovani s’impoverisce, non crea le condizioni di uno sviluppo sostenibile. Serve attenzione nel gestire questi squilibri. Per essere una realtà in cui la condizione anziana viene vissuta bene, occorre che ci sia una presenza solida in tutte le fasi dell’esistenza e che ci sia un territorio che diventi collaborativo fra generazioni. Quindi bisogna affrontare le fragilità della terza età, senza depotenziare il ruolo delle nuove generazioni>.

Un problema segnalato dalla Cisl riguarda le difficoltà con internet.

<A mio avviso è opportuno rovesciare il discorso e perciò migliorare le competenze tecnologiche della fascia più matura, tanto più che nei prossimi anni arriveranno alla terza età generazioni con titoli di studio più elevati e con un atteggiamento più favorevole verso le nuove tecnologie, molto utili già da ora. Gli anziani non vanno lasciati soli o ghettizzati, ma sostenuti nel continuare la loro vita a casa con l’assistenza domiciliare integrata. Non solo: la loro domanda di strumenti digitali diventa anche una spinta per sviluppo e innovazione, che a sua volta si tramuta in lavoro di qualità per i giovani. I consumi degli anziani – a livello sociale, culturale, investimenti in benessere e cura sanitaria – hanno ricadute positive sul territorio, diventando così un patrimonio collettivo>.

La questione della terza età, in sostanza, non può prescindere dalla questione giovanile.

<Esatto, ed è un problema di equilibrio. Prima di tutto bisogna migliorare la qualità della vita degli anziani: renderli attivi e valorizzarli sia nel volontariato e nelle attività culturali, ma anche nel mondo del lavoro, come “guida” dei giovani, trasmettendo loro esperienza e competenza. Un tema sempre più importante è quello della “silver economy”, tutta l’economia legata alla qualità degli investimenti, servizi e consumi degli anziani. Un mondo che fa girare l’economia nel contesto dello sviluppo sostenibile. Un ben-essere che si ottiene partendo dalle scelte sia culturali sia formative compiute in età giovanile, altrimenti si rischia che il territorio non cresca. Ecco che diventa indispensabile investire sulla formazione e sull’occupazione dei giovani nel quadro di una sinergia generazionale per evitare che i ragazzi dipendano dalle pensioni dei genitori o dei nonni. Sottolineo che il dato italiano del tasso di dipendenza degli anziani risulta il più alto dell’Ue, 35% circa. Il nostro Paese è quello che rischia maggiormente a metà di questo secolo di trovarsi con un rapporto 1:1 tra lavoratori effettivi e pensionati. Nel mentre il calo atteso della parte economicamente attiva e vitale della popolazione fa comunque emergere il tema della sostenibilità del sistema pensionistico e, più in generale, della protezione sociale e del patto generazionale che ne è alla base. Chi mantiene la spesa pensionistica crescente se non c’è un numero adeguato di persone in età giovane e adulta che produce ricchezza sul territorio?>.

Fra l’altro abbiamo il triste record europeo dei Neet, i giovani che né studiano né lavorano.

<Un territorio non può funzionare se ha sempre più anziani in pensione e sempre più Neet, due indicatori che non aiutano la società ad essere vitale e in sintonia con le grandi trasformazioni del tempo in cui vive>.

Visto che inizia la campagna elettorale, la politica è consapevole di questi cambiamenti demografici strutturali?

<Non mi pare, al massimo lo è parole, nei fatti s’è visto poco. E’ chiaro comunque che la politica è attenta soprattutto alla crescita quantitativa degli anziani, perché sono voti: un interesse per ottenere un consenso elettorale spicciolo. Un Paese non può funzionare semplicemente attraverso le promesse di pensioni più elevate. Deve, invece, migliorare la qualità dei servizi, espandere la capacità di una vita lunga attiva, mettere in campo strumenti idonei alla collaborazione territoriale fra generazioni. Sarebbe auspicabile uno sguardo lungo sui processi trasformativi della demografia e non usare strumentalmente gli anziani>.