Lavorare, fare figli e scoprire un altro genere di forza: la forza delle donne

05/06/2021
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Oggi, in Italia, le donne che diventano madri finiscono troppo spesso ai margini del mercato del lavoro. Un welfare diverso potrebbe spezzare questo circolo vizioso? Se lo è chiesto Rita Querzè nel segmento della maratona da lei curato e intitolato “Lavorare e fare figli: quello che possiamo imparare da Francia e Germania”. L’obiettivo era guardare al tema con piglio pragmatico, chiedendosi quali modelli già sperimentati da altri Paesi europei si possano mutuare con successo anche in Italia. Querzè ne ha discusso con Alessandro Rosina, ordinario Demografia all’Università Cattolica di Milano, ed Edith Pichler, docente della facoltà Economia e Scienze sociali dell’Università di Potsdam. Rosina ha enfatizzato come la scarsa partecipazione delle madri nel mercato del lavoro abbia delle conseguenze negative non solo sulle donne, ma anche sui loro figli, perché si intreccia con la povertà infantile e quella educativa. E ha invitato a guardare con attenzione al modello della Francia, che — agendo tanto sugli incentivi al lavoro femminile quanto sul welfare — è riuscita a impedire il calo delle nascite, ma anche a garantire un tasso di occupazione delle donne che è al di sopra della media europea (62,5%). Lo stesso non si può dire dell’Italia, dove le donne che lavorano sono solo il 49%, con punte molto più basse in alcune regioni del Sud. Pichler, invece, ha descritto nel dettaglio la strategia della Germania, che dagli Anni 90 ha deciso di puntare molto sugli asili nido, intesi sia come un sostegno alle famiglie (e alle donne in primis), sia come una leva per creare nuovi posti di lavoro. Attualmente, c’è un posto al nido per il 75% dei bambini e delle bambine tedeschi (in Italia la percentuale non arriva al 25%) e chi non riesce ad accedere a una struttura può rivolgersi a un tribunale, perché l’asilo è considerato un diritto.

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