Millennials, politiche inique e poco lungimiranti. Stiamo perdendo l’energia di una generazione

La generazione dei millennials italiani trova la strada in salita rispetto ai genitori, avverte il demografo Alessandro Rosina dell’Università cattolica di Milano e curatore del Rapporto giovani 2017 dell’Istituto Toniolo (pubblicato da Il Mulino), intervistato da Fq Millennium. “Se non si fa ripartire l’ascensore sociale, non ci può essere crescita attraverso l’energia delle nuove generazioni, ma si alimenta la dissipazione di questa energia verso l’estero, il senso di frustrazione e rassegnazione, il risentimento verso le istituzioni”.  Se oggi chi lascia la famiglia rischia di “vedere peggiorare la propria condizione”, precisa Rosina, non è solo per il momento storico di crisi, ma, in Italia, per conseguenza di “politiche inique e poco lungimiranti”. 

Per prima cosa, esiste una definizione univoca e scientifica di “Millennials”, termine che viene usato in modo molto elastico per indicare le giovani generazioni?

 E’ bene fare chiarezza su questo punto, partendo dalla distinzione tra il concetto di “giovani” e quello di “generazione”. I giovani usualmente vengono definiti attraverso soglie anagrafiche. In senso stretto si considerano giovani gli under 25. Tanto che il tasso di disoccupazione giovanile, per convenzione internazionale, si riferisce alla fascia 15-24 anni. Questa però è una definizione limitativa soprattutto perché è statica. Un modo più dinamico è considerare giovane chi è nella fase di “transizione alla vita adulta”. Si tratta questo di un processo che si realizza per tappe: fine degli studi, ingresso nel mondo del lavoro, uscita dalla casa dei genitori, formazione di una propria famiglia. Dato che il compimento pieno di questo processo avviene tra i 25 e i 34 anni, la condizione giovanile tende ad essere estesa fino ai 35 anni. Potremmo dire che la fase 15-24 è quella giovanile in senso stretto, seguita da una fase “giovane-adulta” tra i 25 e i 35 anni.

Diverso è il concetto di “generazione” che invece è definito attraverso l’anno di nascita. Ad esempio i Baby boomers sono stati giovani negli anni Sessanta e Settanta e ora stanno entrando nell’età anziana. La generazione X è stata giovane negli anni Ottanta e Novanta ed oggi è nella fase pienamente adulta. La generazione nata dopo la generazione X è stata inizialmente chiamata generazione Y, non quindi con un nome vero e proprio ma semplicemente con una lettera che in matematica indica una incognita e semplicemente arriva dopo la X. Gli studi successivi sulle sue specificità hanno poi portato ad assegnarle un nome molto più ambizioso, appunto quello di Millennials, identificandola come la prima generazione che compie la transizione verso la vita adulta nel nuovo millennio, con tutte le implicazioni che ne derivano. Più precisamente fanno parte di tale generazione, secondo un criterio internazionalmente condiviso e consolidato, i nati dopo il 1982. Dopo i Millennials c’è la generazione Z della quale fanno parte i nati dal 1995 in poi. Non c’è però uno stacco netto tra le generazioni. Ad esempio i nati tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta sono un mix tra Generazione X e Millennials, mentre i nati tra il 1995 e il 2000 sono un mix tra Millennials e Generazione Z. Va poi tenuto presente che se è vero che esistono forti specificità che distinguono tra di loro le varie generazioni – che formano aspettative, preferenze, visioni del mondo diverse in coerenza con le sfide del proprio tempo – è anche vero che all’interno di ciascuna generazioni esistono ampie differenze e anche diseguaglianze. In ogni caso le differenze generazionali sono il modo attraverso cui la società risponde al mondo che cambia. Se le condizioni delle nuove generazioni peggiorano significa quindi che la società non sta interpretando e governando in modo vincente i cambiamenti del proprio tempo.

LEGGI ARTICOLO COMPLETO