Per le donne meno lavoro, meno soldi, meno carriera: tre motivi per dire basta

Le italiane sono ultime in Europa in materia di parità sul lavoro (Eige, gender equality index 2019). Non si ha un’idea chiara della dimensione di questa discriminazione sistematica di massa se non si mettono una dietro l’altra le principali disparità di trattamento. Come diceva Totò, è la somma che fa il totale.

Primo: le donne non sono libere di lavorare. O, meglio: lo sono soltanto a parole, perché nei fatti – soprattutto quelle che hanno un reddito sotto 1.500 euro al mese – sono costrette ad abbandonare il posto dai mille ostacoli lungo il cammino. In particolare la mancanza di servizi e un sistema fiscale che disincentiva il secondo reddito familiare. Il risultato è che il 52% delle donne non lavora.

Secondo: le italiane che lavorano nel privato guadagnano in media il 14% in meno dei colleghi maschi. Perché si trovano nei settori dove le retribuzioni sono più basse (nella formazione invece che nell’informatica, per esempio) e perché costrette ad accettare contratti part time (oltre il 60% del part time femminile è involontario). Ma guadagnano di meno anche a parità di anzianità, orario e titolo di studio.

Terzo: le donne restano ai margini della carriera tant’è che l’82% dei dirigenti sono uomini. Quarto: il lavoro gratuito a casa è ancora al 70% sulle spalle delle donne con il risultato che alla fine – sommando il lavoro gratis a casa e retribuito fuori casa – le donne lavorano un’ora e mezza in più degli uomini ogni giorno.

Anche di questo parleremo durante il festival Il Tempo delle Donne , sabato 18 settembre alle 10 a Milano, in Triennale. «Donne e ingiustizie sul lavoro: abbiamo la forza per dire basta?»: questo il titolo dell’evento a cui parteciperanno l’economista Luisa Rosti, il demografo Alessandro Rosina e con un contributo teatrale che conterà sull’ironia dei monologhi di Teresa Cinque, alias Elisa Giannini.

Il titolo dell’evento è volutamente rivendicativo. Perché se andremo avanti al ritmo degli ultimi 30 anni, la parità di genere sul lavoro arriverà quando saremo tutti morti da un pezzo. L’agenda degli obiettivi non può fare sconti: c’è da aumentare le retribuzione delle donne del 14% per allinearle a quelle degli uomini, portare le dirigenti dal 18 al 50%, avere tante donne che lavorano fuori casa quanti sono gli uomini e dividere fifty fifty il lavoro domestico.

Una sfida enorme ma non rimandabile: ogni giorno che passa è sempre più difficile fare finta di non vedere.