Perché condannarci all’inverno (siberiano) della demografia?

08/11/2021
MONDO ECONOMICO
Perché condannarci all’inverno (siberiano) della demografia? MONDO ECONOMICO

D’accordo, lo abbiamo scritto più volte. Ma repetita iuvant. Se l’Italia non investe sulla natalità e non si preoccupa seriamente dell’inverno demografico è inutile che ci accaniamo a parlare di ripresa. Perché vuol dire che non stiamo ragionando seriamente sul futuro. Vale a tutti i livelli, ovviamente, a partire da Next Generation Eu e soprattutto per le gazzarre politiche cui non vorremmo assistere adesso che si entrerà nel vivo della legge di bilancio.

L’indignazione mi ha preso leggendo l’ultimo libro – fresco di stampa – del demografo Alessandro Rosina, ordinario di Demografia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove dirige anche il Center for Applied Statistics in Business and Economics. S’intitola «Crisi demografica. Politiche per un Paese che ha smesso di crescere». L’editore è Vita e Pensiero (pagina 168, euro 14) ed è inserito nella collana «Piccola biblioteca per un Paese normale».

Non siamo un Paese normale
Il punto, lo sappiamo, è che non siamo un Paese normale – per quanto più bello e più sano di quanto non traspaia dai Palazzi – e non ci dobbiamo rassegnare a questa deriva. Il libro di Rosina si legge agevolmente (è un bravo divulgatore), ma fa arrabbiare. Perché – questo emerge sostanzialmente – ciò che caratterizza l’Italia dagli altri Paesi avanzati, non è un minor numero di figli indesiderati, ma politiche meno efficienti in favore delle famiglie e delle nuove generazioni. Nonostante tutti se ne riempiano sempre la bocca, da decenni, con promesse da marinai (detta con rispetto per i marinai).

Un declino irreversibile?
Come siamo piombati in questo inverno demografico siberiano? Rosina risponde con tre date: «La prima è il 1977, quando il numero dei figli per donna è sceso sotto il livello di equilibrio generazionale (pari a 2). La seconda è il 2006, quando il saldo naturale è stato per l’ultima volta positivo; dopo tale anno le nascite si sono posizionate sistematicamente sotto i decessi (con un divario in continuo allargamento nel tempo). La terza è il 2015, quando la popolazione italiana ha iniziato a diminuire, con flussi di entrata non più in grado di compensare il saldo naturale negativo».

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