Più figli per lo sviluppo sostenibile

11/06/2022
Più figli per lo sviluppo sostenibile AVVENIRE

“Se una comunità pensa che la soluzione sia avere meno figli perché i bambini diventano un peso per il Pianeta, lancia un messaggio culturale sbagliato, anche per scaricare le proprie responsabilità, invece di cambiare i propri comportamenti e i propri stili di vita”. Così il demografo e sociologo dell’Università Cattolica, Alessandro Rosina, riflette sulle parole di papa Francesco.

Professore di fronte alle questioni ambientali qualcuno indica come soluzione essere di meno sul Pianeta. Però i costi li riversiamo sul futuro perché avere meno figli vuol dire produrre squilibri che renderanno ancora più difficile affrontare sfide come realizzare la transizione ecologica. Se non ci sono giovani ma solo una popolazione che invecchia, avremo un mondo che rinuncia ad avere prospettive. Che speranze affidiamo al nostro futuro se rinunciamo un dopo di noi capace di migliorare? Che rapporto c’è tra sviluppo sostenibile e scelte demografiche?

Il concetto di sostenibilità ha al centro le condizioni e il benessere delle nuove generazioni. Non possiamo pensare solo egoisticamente a vivere oggi in base alle risorse a disposizione, ma dobbiamo pensare a chi verrà dopo. Ma un Paese con accentuata denatalità, che non mette i cittadini nelle condizioni favorevoli a realizzare la scelta di un figlio, farlo crescere garantendo benessere e formazione, non sta rendendo più solido il proprio futuro, non sta pensando al bene delle nuove generazioni. Chi non investe in politiche familiari si trova poi con squilibri demografici insostenibili che generano conflitti sulle risorse da redistribuire.

Bisogna che la popolazione torni a crescere?

Portare, con politiche mirate, la fecondità italiana dall’attuale bassissimo 1,25, a 1,8-1,9 non farebbe comunque crescere la popolazione ma almeno renderebbe meno gravi questi squilibri. L’Italia e l’Europa non sono più in grado di crescere, però senza un’inversione di tendenza questi squilibri andranno negativamente sempre di più ad autoalimentarsi e a diventare un freno per lo sviluppo e per la sostenibilità sociale. Avremo tanti anziani e poche persone attive per poi garantire la spesa previdenziale e sanitaria. E si avranno anche meno risorse per la scuola, per le politiche abitative, per i giovani. Già più di 50 anni fa si diceva che la crescita della popolazione era un danno per l’ambiente. Invece lo sviluppo sostenibile da un punto di vista sociale ha bisogno di bambini, mentre se abbiamo solo vecchi diventa insostenibile una solidarietà tra generazioni, con vecchi che diventano sempre più poveri. Avremo sempre meno medici, infermieri, addetti ai trasporti pubblici, una società che non è più in grado di garantire quelle condizioni di base che servono anche per gli anziani. E che schiaccia verso il basso la possibilità di investire sui giovani perché le risorse si sposteranno sempre più verso gli anziani. Una società di questo tipo rischia di collassare. E illusorio pensare di costruire un futuro migliore aggiungendo solo vita davanti a sé, lasciando indebolire la vita dietro di sé, cioè le nascite e le condizioni dei giovani.

Non è anche un comodo alibi dire “fate meno figli”, invece di cambiare gli stili di vita?

Il secolo precedente è stato quello della quantità della crescita, anche dal punto di vista dei consumi e dell’inquinamento. Questo secolo si vince con la crescita della qualità della vita, delle relazioni, dei servizi. Se invece si torna a pensare che possiamo essere irresponsabili e semplicemente risolvere tenendo basse le nascite, avremo il peggior futuro possibile.