ESTRATTO:
L’ aumento della longevità è una buona notizia perché significa che le persone vivono più a lungo, ma il crescente invecchiamento della popolazione crea nuove esigenze e difficoltà. Significa infatti che aumenta il numero di pensionati e dei «grandi anziani», molti con specifici bisogni di cure e assistenza, e si riduce il numero di nuovi nati, cioè di futuri cittadini produttivi che in futuro potranno pagare le tasse indispensabili per le pensioni e per il sistema sanitario. Uno squilibro che rischia di far implodere l’economia italiana,
già messa a dura prova da un contesto globale segnato da shock multipli e instabilità permanente, come la crisi pandemica, la stretta monetaria globale, le tensioni geopolitiche. A lanciare un SOS sono stati gli esperti che hanno preso parte all’evento di Pfizer “FUTURE — Economia, Longevità e Salute”, che si è tenuto a Roma. «La longevità non è un costo, l’invecchiamento della popolazione sì», dice Alessandro Rosina, docente di Demografia e Statistica sociale all’Università Cattolica di Milano. «L’Italia, più di ogni altro paese d’Europa, ha dinanzi a sé una sfida importante: per rendere sostenibili i bisogni crescenti di una popolazione anziana numericamente importante, nei prossimi 20 anni dovrà gioco-forza aumentare l’occupazione giovanile, in un periodo storico in cui la natalità ha raggiunto il suo livello più basso», aggiunge.
Secondo i dati Istat, oggi l’età media degli italiani è pari a 46,8 anni, mentre il numero di over 65 ha raggiunto i 14,5 milioni (24,7% della popolazione). Entro il 2050, l’età media supererà i 50 anni e un terzo della popolazione avrà più di 65 anni, mentre il rapporto tra popolazione in età attiva e non attiva scenderà da 3:2 a 1:1. In sostanza, per ogni lavoratore ci sarà un pensionato. «Questa dinamica determinerà un profondo squilibrio tra generazioni, con effetti diretti su produttività, sostenibilità dei sistemi previdenziali, domanda di assistenza e servizi sanitari», evidenzia Rosina. Gli scenari che si prospettano sono drammatici. Secondo la Banca d’Italia, la riduzione della forza lavoro dovuta all’invecchiamento potrebbe causare una contrazione del Pil fino al 13% già entro il 2040. Uno studio di Morgan Stanley stima una contrazione del Pil di circa il 6% entro lo stesso anno. Inoltre, la Commissione Europea stima che l’invecchiamento in cattiva salute potrebbe comportare una spesa sanitaria aggiuntiva pari all’1,2% del Pil entro il 2070. A questo si aggiunge la perdita di giovani laureati che a causa dell’emigrazione, quantificata in oltre 87.000 unità, rappresenta un’ulteriore sfida per il potenziale economico del Paese. «Bisogna fare qualcosa e bisogna farlo presto», sottolinea Rosina. Due i fronti: migliorare la longevità in buona salute e aumentare la forza lavoro. (…)