Il mondo cambia solo coi giovani. La ripartenza dell’Italia

La sfida dei prossimi mesi è elaborare un piano coerente e integrato in grado di rafforzare le nuove generazioni. Con loro protagonisti, incoraggiata la formazione di nuove famiglie e le nascite.

L’Italia è uno dei Paesi avanzati che meno sono riusciti a intraprendere un solido percorso di crescita, nel senso più inclusivo, nel primo tratto di questo secolo. Non è solo una questione di Pil rimasto su livelli modesti – sia rispetto al passato che nei confronti dei Paesi con cui ci confrontiamo – ma anche di indicatori sociali, demografici e del mercato del lavoro, da tempo inchiodati in coda alle classifiche europee. Non riuscendo ad aggiustare un percorso che la stava portando ostinatamente fuori rotta – con crescente vulnerabilità rispetto a vecchi e nuovi rischi, erosione del senso di fiducia e di visione positiva del futuro – nella prima parte del 2020 il Paese ha deciso di fermarsi. Una sorta di pit stop per cambiare le gomme e reimpostare la strategia di un rientro in corsa più competitivo.

Come ben sappiamo non è andata così. Purtroppo ci siamo fermati non per nostra scelta ma perché obbligati dalla tragica emergenza sanitaria causata dal Covid-19. Finora la preoccupazione si è concentrata, giustamente, sulla salvaguardia delle condizioni di salute. Dobbiamo però ora progettare una ripartenza che sia scelta da noi rispetto a un futuro desiderato e non, invece, subìta come esito di una serie di mosse in difesa dalla pandemia senza una chiara prospettiva di vera rinascita del Paese. Due sono, allora, le condizioni cruciali per una ripartenza guidata da quello che vogliamo diventare e non dal timore di quello che possiamo perdere. La prima condizione è la necessità, anzi l’opportunità, di definire l’idea di Paese in cui vogliamo riconoscerci e a cui destinare le migliori risorse e il miglior impegno del presente per realizzarla. La seconda condizione è il riconoscimento che un ruolo chiave – sia su definizione che realizzazione della ripartenza – devono averlo le nuove generazioni.

Nessuna solida prospettiva di costruzione di un futuro migliore del presente è, infatti, possibile escludendo o lasciando ai margini i giovani. La popolazione riparte sempre dalle nuove generazioni. È così che il mondo cambia: con nuovi arrivati che portano il loro sguardo nuovo sul mondo reinterpretando le sfide del proprio tempo. E tale cambiamento diventa effettivo miglioramento quando le nuove generazioni sono messe nelle condizioni di generare nuovo valore con ricadute positive per tutti. Al contrario, nei contesti in cui non si investe sulle nuove generazioni si riducono le loro prospettive con ricadute negative collettive: i giovani partecipano di meno al mercato del lavoro, rimangono più a lungo dipendenti dai genitori, si accontentano di svolgere lavori in nero o sottopagati, oppure se ne vanno altrove.

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