La qualità del lavoro over 50 che rende sostenibile il futuro

La sfida principale che l’Italia sta oggi affrontando è l’invecchiamento della forza lavoro. Non ci sono mai stati nelle aziende e nelle organizzazioni italiane così tanti over 50.

La sfida principale che l’Italia sta oggi affrontando è l’invecchiamento della forza lavoro. Non ci sono mai stati nelle aziende e nelle organizzazioni italiane così tanti over 50. Alla base di questo cambiamento, particolarmente accentuato nel nostro paese, ci sono due fattori concomitanti. Il primo, in comune con il resto delle economie mature avanzate, è il fatto positivo del vivere sempre più a lungo. Se è vero che un sessantenne oggi non può avere le stesse condizioni fisiche di quando aveva quarant’anni, è allo stesso tempo vero che ha maggiori possibilità di essere in salute e attivo rispetto a un sessantenne di vent’anni fa. Il secondo fattore è la riduzione quantitativa delle nuove generazioni. La transizione demografica non porta solo ad un aumento della longevità ma anche ad una riduzione della natalità. Il numero medio di figli per donna va in tutto il mondo ad abbassarsi. Nel 1950 il tasso di fecondità globale era attorno a 5 figli, oggi è meno della metà, entro il secolo scenderà a 2. Tutta l’Europa è già oggi sotto tale livello e l’Italia è il paese che da più lungo tempo si trova sotto 1,5. Gli attuali under 40 sono nati nel periodo in cui l’Italia è entrata nella fase di ricambio generazionale gravemente insufficiente, pertanto più degli altri paesi vede indebolirsi la componente più giovane della forza lavoro.

Una risposta a questi due fattori va nella direzione della promozione di una solida lunga vita attiva. Questo significa sia anticipare l’ingresso delle nuove generazioni nel mondo del lavoro (anche mentre stanno studiando, favorendo contratti di apprendistato), sia valorizzare la componente più matura. Il lavoratore-tipo italiano è sempre più un over 50. Questo però non significa costruire un modello organizzativo centrato sui cinquantenni e sessantenni, ma migliorare tutte le fasi lavorative e professionali per arrivare a tale età ancora in grado di dare il meglio di sé, rimanendo aggiornati, rafforzando la propria esperienza, sapendo beneficiare in modo adeguato delle potenzialità offerte dalle nuove tecnologie.

L’età in cui è “normale” essere attivi e in buona salute si sta estendendo in tutte le economie mature avanzate. Chi arriva oggi in Italia a 65 anni ha davanti una aspettativa di vita in buona salute di circa 10 anni. Il decadimento delle capacità cognitive è sempre più spostato oltre i 75 anni. Il tasso di occupazione maschile italiano nella fascia 50-64 ha già raggiunto i livelli della fascia 25-34 (entrambi attorno al 76% nel 2024). Nella classe 55-64 anni negli ultimi dieci anni il tasso è salito da meno del 60% a oltre il 70%, ma in Germania, Paesi Bassi e Paesi Scandinavi è attorno all’80%. L’Eurostat prevede che nei prossimi decenni il tasso di occupazione che maggiormente andrà ad aumentare sarà quello dai 55 ai 69 anni. Nel resto d’Europa, a differenza dell’Italia, il tasso di occupazione in età 25-34 è già elevato e quindi i margini più ampi di crescita si trovano in età più matura. Il nostro paese ha invece potenziali possibili miglioramenti ovunque oltre le età maschili adulte centrali. Ma deve essere ben chiaro che l’occupazione giovanile non si promuove (se non in alcuni settori poco dinamici in contesti di economia stagnante) favorendo il pensionamento degli over 50, ma alzando il livello di qualità del lavoro e le opportunità di nuova occupazione in sintonia con un mercato di beni e servizi in continua evoluzione.

La sfida dell’invecchiamento della forza lavoro, come ribadisce continuamente tra gli altri la Banca d’Italia, ha al centro il rafforzamento della produttività. Non dobbiamo però fare l’ingenuo errore di pensare che essa sia solo legata all’innovazione tecnologica: contano molto il benessere del lavoratore e la sua effettiva crescita personale (formativa e professionale). Nel recente rapporto “Keeping older workers engaged. Country report: Italy” recentemente pubblicato da Eurofound viene sottolineato come tra gli occupati di 55 anni e oltre italiani meno del 40% sono quelli che riportano un’alta qualità del lavoro svolto, contro valori di 5 punti percentuali superiori tra le donne coetanee europee e di 15 punti tra i coetanei uomini. I dati Istat mostrano che le persone con maggior titolo di studio sono più propense ad allungare l’attività lavorativa anche oltre l’età prevista di pensionamento, non solo per motivi economici, ma ancor più per motivi legati alla qualità del lavoro, in particolare rispetto alle dimensioni della realizzazione personale, del coinvolgimento nell’attività svolta, dell’interesse professionale.

Come sottolineato da Andrea Brandolini, Vice Capo del Dipartimento Economia e Statistica della Banca d’Italia, nel suo intervento alla Commissione parlamentare sugli effetti economici della transizione demografica, “nel corso di una carriera sempre più lunga emergeranno nuove tecniche e quelle esistenti diventeranno rapidamente obsolete. La formazione continua e la riqualificazione dei lavoratori adulti assumono quindi un’importanza pari a quella dell’istruzione formale, sia per contrastare il deterioramento delle competenze acquisite in passato sia per fornirne di nuove, necessarie ad affrontare transizioni tecnologiche complesse. L’Italia è in questo campo in ritardo rispetto ai paesi più avanzati”. Produttività e benessere sono favorite, inoltre, dalla dimensione relazionale: la possibilità di conciliazione vita-lavoro e le condizioni di collaborazione positiva tra le diverse generazioni nelle organizzazioni sono considerati elementi sempre più importanti.

Nel dibattito pubblico italiano si riscontra una spiccata propensione a scontrarsi sulle politiche di pensionamento mentre i paesi con cui competiamo si occupano maggiormente di politiche di sviluppo. Per diventare un paese in cui poter vivere bene in pensione – obiettivo degli attuali e futuri anziani – bisogna prima essere una società e un’economia in grado di crescere e generare benessere, a partire dalla qualità del lavoro.

Rispondi

  • (will not be published)