Oltre due milioni di Neet: serve un piano

Serve un vero piano di sviluppo del Paese che assegni un ruolo centrale alle capacità e alle competenze delle nuove generazioni.

Il tasso di disoccupazione giovanile è salito negli ultimi anni ai livelli più alti del secondo dopoguerra. Bene che i dati più recenti vedano una interruzione della crescita e qualche segnale di contenimento. La situazione continua però ad essere oltre il livello di guardia. Il principale indicatore adottato dall’Unione europea come misura dello spreco del potenziale delle nuove generazioni è il tasso di Neet.

Come oramai ben noto, tale termine indica i giovani che non studiano e non lavorano. L’Italia già prima della recessione presentava una delle più alte percentuali in Europa di under 30 in tale condizione. La crisi ha poi colpito in modo particolarmente duro i giovani e ancor più nel nostro paese. La percentuale di Neet è così salita dal 19 percento del 2008 a oltre il 25 percento del 2015, mentre la media europea nello stesso periodo è lievitata da valori attorno al 13 percento a poco più del 15 percento. Non solo quindi siamo partiti da livelli più elevati, ma lo scarto con gli altri paesi si è ulteriormente esteso. I dati ancor più recenti, riferiti alla prima parte del 2016, mostrano un dato europeo sceso vicino ai livelli pre-crisi, mentre l’Italia continua a trovarsi sensibilmente sopra. Gli under 30 che non studiavano e non lavoravano erano circa due milioni e 400 mila a maggio 2014, quando è partito il piano Garanzia Giovani, la principale iniziativa messa in campo per contrastare il fenomeno dei Neet. Il valore è però ancora oggi sopra i 2 milioni, come messo in evidenza da Massimiliano Mascherini, direttore di ricerca Eurofound, al Convegno “Neeting” organizzato ieri in Università Cattolica da Istituto Toniolo e Fondazione Cariplo. Inoltre, all’interno dei Neet, più che in altri paesi è maggiore da noi la componente dei disoccupati di lunga durata e degli scoraggiati. Questo significa che dopo aver lasciato crescere più che altrove tale fenomeno, più difficilmente riusciamo ora a ridurlo, con il rischio di un effetto corrosivo permanente. Sul lato positivo c’è l’aumento dell’adattamento dei giovani e esperienze di collaborazione tra pubblico e privato sul territorio che, in sinergia con Garanzia giovani, stanno sperimentando varie forme di attivazione dei Neet. Ma i risultati resteranno comunque marginali finché mancherà un vero piano di sviluppo del Paese che assegni un ruolo centrale alle capacità e alle competenze delle nuove generazioni.

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