Perchè i giovani rischiano di perdere la fiducia nella nostra democrazia

Un nuovo percorso di navigazione ha però bisogno soprattutto di un nuovo sistema di orientamento.

Il 2020 è stato l’anno dell’emergenza causata da Covid-19. Il 2021 l’anno della protratta convivenza con il virus. Il 2022 avrebbe dovuto essere quello della ripartenza. Ma ancora una volta ci troviamo con un anno molto diverso da come auspicavamo. Speravamo di poterlo in futuro ricordare come il punto di partenza di un’Italia capace di cogliere la discontinuità della pandemia come occasione per una nuova fase di sviluppo. Per riuscirci sono necessarie risorse inedite. A questa condizione ha risposto il Piano europeo Next Generation Eu. Una condizione che rischia di risolversi in un grande spreco e in ulteriore aumento di debito pubblico se i finanziamenti non vengono indirizzati in modo efficiente per misure strutturali in grado di superare gli annosi limiti del passato e diventare leva per la crescita. Ma contestualmente è richiesto un ripensamento dello stesso concetto di crescita, in coerenza con nuove sensibilità e nuove sfide rispetto alle condizioni e alle modalità per generare benessere nei processi di sviluppo sostenibile. Il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza), pur con alcune lacune e criticità, ha cercato di interpretare il momento storico del paese attraverso la definizione di priorità, strumenti e obiettivi.

Se immaginiamo il nostro paese come una nave, le risorse disponibili sono un vento particolarmente favorevole che va pienamente colto e le vele sono le potenzialità che ancora ha il sistema-Italia, lasciate largamente inespresse. Il Pnrr contiene la strategia per la ripresa della navigazione, le disposizioni per dispiegare nel modo migliore le vele rispetto al tipo di vento e alla sua forza, la direzione più promettente e la rotta da seguire in base alle condizioni del mare (ovvero alle grandi trasformazioni che caratterizzano questo secolo).

Un nuovo percorso di navigazione ha però bisogno soprattutto di un nuovo sistema di orientamento. La bussola del passato è stata il prodotto interno lordo, ma non basta più. Diventa sempre più importante affiancare in modo esplicito altri indicatori di sviluppo sostenibile e tra questi soprattutto quelli che riguardano condizioni e prospettive delle nuove generazioni, in particolare sulla qualità della formazione, sull’inserimento efficace nel mondo del lavoro, sulla valorizzazione del loro capitale umano nelle aziende e nelle organizzazioni. Non sappiamo come sarà il futuro, ma senz’altro ciò che rafforza tali indicatori risulta più informativo rispetto al Pil dell’ultimo trimestre nel dirci se stiamo andando o meno in modo solido nella direzione giusta.

Rendere i giovani un costo sociale è il danno peggiore per una economia, soprattutto quando sono una risorsa scarsa. Al contrario, investire su di loro e metterli nella condizione di dare il meglio di sé produce il rendimento più solido e duraturo, con ricadute positive non solo sul versante economico ma anche in termini di clima sociale e di aspettative positive verso il futuro.

Se questo è vero, attualmente i giovani italiani si trovano nella situazione peggiore. Da un lato su di loro pesa ancora tutto ciò che non ha funzionato sulla transizione scuola-lavoro e sulla realizzazione dei loro progetti di vita nell’Italia pre-pandemia. Sugli indicatori relativi alla formazione e al rendimento del capitale umano, in particolare, siamo rimasti lontani dai target fissati dalla Strategia Europa2020, come ben descritto anche nel Report Istat “Livelli di istruzione e partecipazione alla formazione – Anno 2020”. I dati del “Rapporto giovani 2022” dell’Istituto Toniolo evidenziano come la grande maggioranza dei ventenni italiani (circa il 60%) ritenga che la propria generazione si trovi in condizione peggiore rispetto ai coetanei europei (meno del 15% la considera migliore, per il resto è analoga). Una condizione aggravata dall’impatto della crisi sanitaria, che ha indebolito ulteriormente percorsi formativi e professionali. Il periodo della pandemia ha particolarmente provato i giovani, come molte ricerche confermano, anche sul versante dello stato emotivo e delle competenze sociali.

D’altro lato gli esiti positivi delle azioni previste dal Pnrr non trovano ancora diretto riscontro nella realtà vissuta dei giovani e sulle loro opportunità. Diventa quindi urgente potenziare quanto previsto, implementarlo nel modo migliore sul territorio, metterlo in connessione concreta con la qualità dell’offerta di contributo attivo ai processi di sviluppo economico e partecipazione sociale che le nuove generazioni vogliono e possono esprimere. E’ necessario dimostrare in modo esplicito che, al di là delle nuove risorse, c’è una strategia nuova del paese che dimostra di essere trasformativa dal basso a partire dall’essere e il fare dei giovani.

L’incertezza crescente derivante dall’aumento della complessità nelle società moderne avanzate, inasprita dall’impatto della pandemia, accentuata in Italia dall’instabilità prodotta dagli inediti squilibri demografici e dall’elevato debito pubblico, avrebbe dovuto trovare nel 2022 una reazione equivalente e contraria, per portarci sulla rotta giusta, affidata alla certezza che il paese è compattamente determinato a scommettere sul meglio di se stesso con al centro gli interessi delle nuove generazioni.

Ed invece, la prima metà di quest’anno ha portato con sé sia un aumento di insicurezza, con la guerra in Ucraina, sia un allentamento dell’azione politica e un deterioramento del clima sociale con la crisi del Governo Draghi.

Sempre i dati dell’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo mostrano come, dopo l’approvazione del Pnrr da parte del Consiglio dell’Unione europea, fosse largamente maggioritaria l’apertura di credito dei ventenni verso la possibilità di superamento, con tale Piano, dei problemi strutturali italiani e di un rilancio epocale dell’economia associato ad un miglioramento delle opportunità per le nuove generazioni. Livelli così alti di fiducia difficilmente trovano riscontro verso politiche dei Governi passati. Questo slancio rischia però ora di perdersi in un momento particolarmente delicato. Il conflitto in Ucraina, secondo i primi dati di una ricerca in corso dell’Istituto Toniolo, sta producendo sui giovani un senso di insicurezza rispetto al futuro paragonabile a quello prodotto dalla pandemia.

La crisi politica non somma altra incertezza ma rischia di avere un effetto moltiplicativo su tutti gli altri fattori. Le conseguenze principali le subiscono i giovani, non solo come condizione oggettiva, ma in modo ancora più grave in termini di disillusione rispetto alla capacità della politica di dare le risposte che servono all’Italia. L’esito peggiore è la disaffezione verso il voto che porta con sé anche una sfiducia nei meccanismi della rappresentanza democratica. Un esito possibile è però anche quello che – nel momento di maggior difficoltà del paese e di inaffidabilità dei partiti – trovi espressione nelle nuove generazioni l’urgenza di far sentire forte la propria voce. Ma servono nuove modalità di coinvolgimento dal basso in grado di rinnovare e alzare la qualità del rapporto tra domanda e offerta politica, perché le promesse dall’alto hanno perso del tutto la loro credibilità.

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