Gli appelli ai giovani e l’abitudine di dimenticarli presto

Se la politica non si interessa dei giovani è difficile che i giovani si interessino della politica. Ma se i giovani non si occupano della politica, è difficile che il paese possa cambiare e investire in modo più solido sul proprio futuro.

Se la politica non si interessa dei giovani è difficile che i giovani si interessino della politica. Ma se i giovani non si occupano della politica, è difficile che il paese possa cambiare e investire in modo più solido sul proprio futuro.

I dati dell’indebolimento del ruolo e delle prerogative delle nuove generazioni, elezione dopo elezione, sono ben noti. Nello stesso report del Ministero dell’Economia e delle Finanze dal titolo “La condizione dei giovani in Italia e il potenziale contributo del PNRR per migliorarla” è riconosciuto che “nelle classifiche internazionali l’Italia figura agli ultimi posti per un ampio divario intergenerazionale e per la scarsa mobilità sociale”.

Ecco allora che una politica usualmente disattenta nei confronti dei giovani e delle loro istanze, torna improvvisamente a occuparsene quando ha bisogno di raccogliere il loro consenso. Ancor più è accaduto in questa tornata elettorale che vede il peso giovanile aumentato dall’abbassamento a 18 anni dell’età minima per il voto al Senato. Non è però facile in poco tempo superare un sistema stratificato nel tempo di sfiducia, diffidenza, disaffezione. Presentarsi su Tik Tok, bussando virtualmente a casa loro, senza essersi mai fatti vedere prima da quelle parti, non suscita una grande impressione. L’autoironia, a quel punto, diventa l’unica strategia possibile, usata infatti sia da Berlusconi che da Renzi nel loro primo approccio con tale social. Ma anche così il risultato è tutt’altro che garantito.

I membri delle nuove generazioni sono un materiale umano particolare con una triplice differenza rispetto ai più maturi. La prima è che si trovano in una fase diversa della vita, con specifiche preferenze e aspettative. La seconda è che sono giovani in modo diverso da come lo sono stati gli attuali adulti. La terza è che vogliono anche apparire ed essere diversi. Ed è per questo che funzionano sempre meno iniziative e progetti calati dall’alto senza averli coinvolti (non solo nella politica, ma anche in ambito economico e sociale). C’è anche diffidenza rispetto ai coetanei cooptati dagli adulti quando, anziché differenziarsi e portare la propria scomoda novità, imitano stili e contenuti della vecchia politica.

Ben vengano i politici che cercano di confrontarsi con i linguaggi delle nuove generazioni e si impegnano a mettere in lista i giovani ad essi più vicini, ma è il come lo si fa a fare la differenza e che rischia di aumentare la diffidenza quando appare strumentale e improvvisato.

Ci sono poi i contenuti, ovvero quello che partiti e movimenti promettono in cambio del voto. Dopo aver prima costruito il programma rassicurando la parte tradizionale del proprio elettorato, i partiti si sono poi preoccupati anche del voto degli indecisi e di quello dei giovani.

Il Movimento 5 stelle fin dalla nascita si è orientato verso le nuove generazioni. Da un lato, l’aver governato lo ha reso, nella percezione pubblica, parte integrante del sistema politico italiano. D’altro lato, aver causato la crisi facendo cadere il governo Draghi, mentre era impegnato a dare concretezza ai progetti finanziati con Next generation Eu, ne ha eroso un po’ l’affidabilità.

Le altre forze politiche hanno meno strategie consolidate di coinvolgimento ampio di tale fascia della popolazione. Per recuperare hanno, quasi tutte, inserito nel programma un capitolo specifico sui giovani.

Al di là delle modalità con cui si è cercata (con più o meno efficacia) la loro attenzione e al di là delle proposte (più o meno condivisibili) direttamente ad essi rivolte, va apprezzato il tentativo della politica di andare incontro alle nuove generazioni. Temiamo però già di sapere come andrà a finire: da lunedì 26 settembre la presenza su Tik Tok dei politici si diraderà e le promesse presenti nei programmi passeranno in secondo piano. Dopo il voto i giovani non servono più. Finora è sempre andata così.

Ma questo può cambiare quanto più gli appartenenti alla Generazione Zeta e i Millennials andranno domani a votare e faranno sentire la propria voce. Più si recheranno alle urne e più sarà difficile per la politica e per chi andrà al Governo dimenticarsi di loro. E, in ogni caso, la partecipazione attiva non si esaurisce con il voto, deve continuare pretendendo che il dialogo e l’attenzione verso la propria generazione continui e che quanto promesso venga effettivamente realizzato. Non basta solo percepirsi come differenti, è importante anche cercare di fare la differenza, con e oltre il voto.

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