In un milione di famiglie guadagna solo lei

Il record negativo di nascite toccate nel 2016 è il segnale più chiaro di difficoltà nel presente e di erosione di visione positiva del futuro. Un paese già schiacciato in posizione di difesa si trova ora messo all’angolo, ma non ancora crollato

L’Italia è come un pugile che resiste sul ring senza stramazzare sul tappeto grazie ad una grande capacità di incassare i colpi. Se dovessimo giudicare l’Italia, come qualsiasi altro paese sviluppato, in base agli indicatori economici e sociali, avremmo dovuto darla per spacciata già da molto tempo. Visto da fuori il nostro Paese è un enigma. Non si riesce a capire né perché non reagisca e né perché non sia già crollato. Se questo era vero prima della grande recessione, vale ancor di più oggi per il peggioramento subìto su occupazione e redditi.


Il record negativo di nascite toccate nel 2016 è il segnale più chiaro di difficoltà nel presente e di erosione di visione positiva del futuro. Un paese già schiacciato in posizione di difesa si trova ora messo all’angolo, ma non ancora crollato. L’atteggiamento difensivo dura da vari decenni. Abbiamo difeso i livelli di benessere raggiunti in passato ma non messo nuove energie in campo – soprattutto quelle di donne e giovani – per produrre nuovo benessere. La conseguenza è stata una persistentemente bassa occupazione femminile e giovanile, causa e conseguenza della bassa crescita economica e dell’impoverimento della famiglie. Come abbiamo resistito? A livello collettivo, aumentando il debito pubblico; sulla dimensione femminile e di coppia, riducendo il numero dei figli; sul versante dei giovani, prolungando la dipendenza dalla famiglia di origine o ricorrendo maggiormente alla scelta di andare altrove.
Oltre a questo, la crisi ha accentuato risposte che presentano aspetti peculiari nel nostro paese. La prima è quella delle pensioni. Se negli ultimi decenni il lavoro è diventato sempre più incerto, la pensione, almeno per gli attuali over 65, è rimasta complessivamente una certezza. Tant’è vero che gli anziani in pensione sono quelli che meno hanno visto aumentare il rischio di povertà, cresciuto invece per le coppie con più di due figli e per le famiglie con persona di riferimento under 35. Siamo diventati sempre di più un paese fondato sulle pensioni che sul lavoro. Detto in altre parole siamo stati più attenti a difendere i diritti acquisiti e le rendite del passato, a beneficio delle generazioni più mature, che a creare nuove opportunità di crescita investendo sulle nuove generazioni. La seconda risposta è quella del lavoro nero, particolarmente alto nel nostro paese, soprattutto tra i giovani e le donne del Sud. In molte famiglie la carenza di occupazione viene sopperita, in varia combinazione, da: la presenza di un membro con la pensione, una indennità di invalidità, l’impiego nell’economia sommersa. Secondo il dato appena reso noto dell’Istat, sono oltre un milione le famiglie che riescono a sbarcare il lunario senza l’entrata di alcuno stipendio, pur avendo al proprio interno persone in età da lavoro. Un dato eclatante che rappresenta bene come stiamo sprecando le potenzialità della forza lavoro, su cui costruire una prospettiva di solido miglioramento futuro, e stiamo invece resistendo nel presente arrangiandoci alla meglio con quel che c’è. La terza risposta è un altro aspetto più accentuato in Italia che altrove, ma stavolta virtuoso. Si tratta della solidarietà familiare. Nei momenti di difficoltà, non solo per carenza di risposte pubbliche ma anche per un tratto antropologico, le famiglie italiane fanno quadrato e cercano così di far quadrare, almeno in parte, i conti. Giovani e donne, tradizionalmente a carico del reddito del maschio adulto, possono allora diventare la risorsa principale dell’aggregato domestico. L’altro dato interessante pubblicato dall’Istat ci dice, infatti, che in quasi un milione di famiglie italiane, l’unica entrata da lavoro o quella principale è femminile. Le donne si adattano di più e sono più ostinate a cercare lavoro quando il proprio nucleo è in condizione di difficoltà. Più in generale, in condizione di crisi occupazionale, chi ha un lavoro diventa il perno attorno a cui si riconfigura l’aggregato domestico. Questo vale, come mostrano i dati del Rapporto giovani dell’Istituto Toniolo, anche per un figlio che posticipa l’uscita dalla casa dei genitori perché il suo stipendio aiuta la famiglia a resistere ad un momento di difficoltà economica.
La spiccata solidarietà familiare e la grande capacità di adattamento, di giovani e donne, sono elementi di potenziale valore aggiunto rispetto agli altri paesi, finora però fatti giocare solo in difesa. Se davvero vogliamo uscire dall’angolo in cui ci troviamo, dobbiamo fare in modo che tutta questa energia finora spesa ad incassare i colpi venga spostata in attacco.

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