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El desempleo juvenil es el verdadero drama de Italia

Los nacidos a partir de los años ochenta, la generación de los millennials, vivieron su infancia rodeados de la mayor riqueza vista desde la posguerra y con las mismas expectativas de prosperidad que sus contemporáneos en otros países avanzados. Sin embargo, mientras ellos crecían, en Italia ha aumentado la deuda pública, la población ha envejecido y la inestabilidad laboral se ha agravado. Quienes hoy tienen entre 25 y 34 años han tropezado, en la etapa más vulnerable de la transición a la vida adulta —el paso de la escuela al trabajo—, con la crisis económica. Es decir, al contrario que sus padres, se han encontrado con unas oportunidades muy por debajo de sus deseos y su potencial.

Oltre due milioni di Neet: serve un piano

Il tasso di disoccupazione giovanile è salito negli ultimi anni ai livelli più alti del secondo dopoguerra. Bene che i dati più recenti vedano una interruzione della crescita e qualche segnale di contenimento. La situazione continua però ad essere oltre il livello di guardia. Il principale indicatore adottato dall’Unione europea come misura dello spreco del potenziale delle nuove generazioni è il tasso di Neet.

Occupazione. Profit e non profit alleati per i giovani che non studiano e non lavorano

Il futuro possiamo metaforicamente pensarlo come una casa comune da costruire, progettata per essere bella e solida. Le nuove generazioni possono essere considerate come i mattoni principali per edificarla. In Italia ci troviamo, però, con almeno tre problemi riguardo a tali mattoni. In primis ne abbiamo di meno rispetto agli altri paesi: a causa della persistente denatalità la percentuale di under 30 nella nostra popolazione è la più bassa in Europa. In secondo luogo molti mattoni di pregio li regaliamo ad altri paesi: siamo, infatti, uno dei paesi sviluppati con maggior saldo negativo tra giovani qualificati che se ne vanno all’estero e quelli che tornano o attraiamo. La terza criticità riguarda il fatto che non solo abbiamo meno mattoni e ne perdiamo di più, ma ne sprechiamo anche di più.

Fare dell’Italia un paese per giovani è la sfida del futuro

E’ bene o male che sempre più persone, soprattutto giovani qualificati, decidano di trasferire la propria residenza in paesi che offrono maggiori possibilità di crescita? Le opinioni sulla crescente mobilità internazionale del capitale umano delle nuove generazioni si dividono in modo netto nel dibattito pubblico italiano, ma non esiste una risposta semplice ed univoca. Come tutte le grandi trasformazioni sociali, anche questa porta con sé sia potenziali rischi sia nuove opportunità. Per contenere i primi e favorire i secondi serve uno sforzo combinato di miglioramento nella lettura della realtà in mutamento e di intervento con politiche efficaci.

Non far uscire il futuro dei giovani dall’Europa

Davanti ad un mondo che cambia e diventa sempre più complesso si può reagire rimpiangendo vecchie sicurezze o impegnandosi a generare nuove opportunità. Le vecchie generazioni tendono a sovrastimare i rischi e a sottostimare il valore delle nuove sfide, ma faticano anche a trasmettere ai giovani stimoli e motivazioni per viverle essi stessi da protagonisti. Questo produce due conseguenze negative, l’ostilità verso i processi di cambiamento da parte dei più anziani e la mancanza di strumenti per  orientare positivamente le scelte dei più giovani. Brexit è un esempio di decisione determinata dal peso dei primi ma destinata a pesare sul futuro dei secondi, i quali subiscono in parte impotenti e in parte inconsapevoli.