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L’invecchiamento della popolazione e la condizione anziana

La Transizione demografica sta portando la popolazione in tutto il pianeta da livelli di elevata mortalità, caratteristici delle società del passato, a una longevità in continua espansione. Ne deriva anche il passaggio da una popolazione in cui gli anziani erano pochi a un’ampia presenza di persone in età avanzata.  Siamo, detto in altre parole, nel mezzo della gestione del traghettamento dell’umanità verso la società matura o “società della longevità”. Questo grande mutamento demografico di fondo pone tre elementi di novità che vanno interpretati e gestiti nel contesto di uno sviluppo sostenibile integrato: la variazione del rapporto quantitativo tra generazioni, il cambiamento qualitativo delle varie fasi della vita, l’aumento della domanda di cura e assistenza in età anziana.

Il terzo elemento corrisponde alla parte più problematica dell’invecchiamento. Se sono in continuo aumento nel tempo le opportunità di un protagonismo attivo nell’economia e nella società dei sessantenni e settantenni, attualmente oltre gli ottant’anni si osserva, invece, una riduzione della capacità di fornire un contributo esterno. Oltre tale soglia diventa prevalente la necessità di ricevere sostegno anche per le proprie attività quotidiane. Gli over 80, infatti, sono la componente in maggior crescita quantitativa nella popolazione europea ed italiana. Papa Francesco è più volte intervenuto richiamando l’importanza di opporsi alla cultura della scarto (che porta “all’avvertire la presenza degli anziani come un peso” e “ad abbandonare gli anziani che non servono ai propri interessi”, come viene rispettivamente sottolineato in “Amoris Lætitia” e in “Laudato sì”), promuovendo, invece, una “cultura dell’incontro”, la quale implica prestare attenzione a tutti, specialmente a coloro che più sono emarginati, escludendo qualsiasi forma di discriminazione, di abbandono, di indifferenza.

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Europe’s demographic challenge: policies for sustainable generational renewal

The European population is entering a new phase of its demographic history, characterised by long-term decline and accelerated ageing. The dynamics of the demographic transition have led to increased longevity and declining birth rates, resulting in profound changes to the population structure. The reduction in mortality risks from birth to old age has brought the replacement level (the number of children required to replace parents) to around two. However, fertility rates have fallen below this level in most countries worldwide, leading to insufficient fertility to sustain generational replacement.

La qualità del lavoro salva le società del rinnovo generazionale debole

Il recente Rapporto annuale dell’Inps somiglia molto ad una rassicurante comunicazione dal ponte di comando ai passeggeri quando il rischio di trovare sulla rotta un iceberg è elevato ma per il momento tutto procede tranquillamente e non c’è nulla di preoccupante in vista. I resoconti del naufragio del Titanic dicono che l’iceberg fu avvistato quando si trovava approssimativamente a 500 metri di distanza. Venne subito ordinata una manovra di emergenza con virata a sinistra, ma, a causa della grande massa della nave, non fu sufficiente ad evitare la collisione. La demografia ha una propria inerzia analoga a quella di una grande nave. Più aspettiamo a fare le operazioni che servono, più alto è il rischio di andare incontro ad un destino nefasto. All’interno del territorio italiano ci sono già contesti in tale situazione. Alcune aree interne del nostro Paese si trovano con una combinazione di bassa natalità, fuoriuscita netta di giovani, struttura demografica compromessa, da non aver più margine per cambiare la rotta che porta verso l’insostenibilità sociale ed economica.

Contro l’inverno demografico serve una politica dell’inclusione per giovani, donne e immigrati

di EMANUELE FELICE E ALESSANDRO ROSINA

Quale sarà il futuro dell’Italia? Forse lo spopolamento interno, il declino demografico che porta con sé anche il declino economico e culturale? E come possiamo evitarlo? Se l’inverno demografico è un pericolo reale, già in corso, la politica più adatta a fronteggiarlo non è quella conservatrice e nazionalista, come una certa vulgata vuol far passare. Al contrario, è quella che proviene da una visione progressista fondata su diritti e inclusione, e su un approccio razionale e relazionale, privo di pregiudizi.

Partiamo dai dati. L’Italia si distingue in Europa soprattutto per una natalità da lungo tempo molto bassa: la media Ue è scesa a 1,5 figli in media per coppia, l’Italia è da 40 anni sotto tale livello, e di recente il dato è ulteriormente peggiorato. Questo aspetto si lega a un doppio svantaggio competitivo dell’Italia. Il primo è, a fronte dell’aumento della componente anziana, una maggior riduzione della forza lavoro potenziale.

Il secondo svantaggio competitivo è il sottoutilizzo del capitale umano delle nuove generazioni e delle donne: per il primo aspetto, si pensi che la Germania presenta una percentuale di Neet (i giovani che non studiano e non lavorano) pari a meno della metà dell’Italia; per il secondo, si pensi che la Svezia presenta un divario occupazionale di genere di circa 5 punti percentuale, nell’Unione è pari a 10, mentre in Italia siamo al doppio, quasi 20 punti (e questo è in buona parte riconducibile al gap fra l’occupazione delle donne senza figli e con figli).

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Genitorialità condivisa. I padri vogliono costruire un nuovo equilibrio in famiglia

Genitori si diventa, sia come madri che come padri. Alla base sta una scelta di coppia che dipende da condizioni oggettive e soggettive in mutamento nel tempo. Mentre il legame tra madre e figli è una costante della storia dell’umanità, il coinvolgimento del padre è invece un fenomeno recente e in piena evoluzione. Padri con bambino sul passeggino in centro città o che fanno jogging con figlio nel marsupio, non sono più un elemento raro e bizzarro del paesaggio urbano. Non è però ancora la norma. Molti freni culturali continuano ad essere presenti. Non si tratta di fare il ”mammo” ma di arricchire lo sviluppo relazionale dei figli con le specificità dell’accudimento e dell’interazione paterna, che migliora sia lo sviluppo del bambino sia l’esperienza genitoriale maschile.