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Oltre le competenze. Come valorizzare i giovani all’interno delle imprese

Il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro è un tema di crescente rilevanza nelle economie mature avanzate. A sentirlo di più sono i paesi e i territori con sistema produttivo più dinamico, più aperti al cambiamento e all’innovazione, con maggior potenziale di sviluppo. In tali economie alta è la domanda di energie ed intelligenze nuove che alimentino i processi di crescita, in particolare del capitale umano delle nuove generazioni da integrare con l’esperienza dei lavoratori più maturi. Ma a sentire ancor più il disallineamento sono e saranno le economie povere di tale capitale umano. Ovvero carenti di giovani ben preparati e qualificati, con competenze utili oggi e domani. Soprattutto se non dotate di sistemi esperti in grado di orientare chi entra nel mondo del lavoro, riqualificare dove necessario, favorire, in definitiva, la possibilità che domanda e offerta si incontrino al punto più alto tra ciò di cui le aziende hanno bisogno e ciò che i nuovi entranti possono portare. L’Italia, come ben noto, è uno dei paesi in Europa che più soffre di queste carenze. Con conseguente alto numero di Neet (giovani che non studiano e non lavorano) e crescente difficoltà del sistema produttivo di alimentare i propri processi di crescita con personale qualificato.

Dai giovani più fiducia nelle imprese che nella politica

L’azione del governo appare più orientata alla difesa e al “contro”.
Azione contro l’immigrazione, contro i privilegi della casta, contro le aziende che assumono ricorrendo troppo a contratti flessibili. Azione che risponde al timore di non perdere quanto sinora acquisito, di dare sicurezza, in coerenza con i sentimenti dell’elettorato di Lega e M5S, ma con il rischio di un ulteriore schiacciamento sul presente.
Si fa fatica a intravedere invece un’azione che aumenti le prospettive di lavoro all’interno di un solido progetto di sviluppo del Paese e di incoraggiamento alle energie positive ad aprirsi verso il futuro.
Questo trova riscontro nell’atteggiamento delle nuove generazioni, che rimangono con livelli bassi di fiducia nelle istituzioni e nello stesso nuovo governo, in attesa di vedere un’azione più concreta e convincente di miglioramento delle proprie condizioni.
Più fiducia offrono invece alle aziende, al volontariato e alla ricerca scientifica. Ovvero in contesti in cui possono diventare protagonisti per la crescita sociale ed economica del Paese.
I dati raccolti dal “Rapporto giovani” dell’Istituto Toniolo dal 2 al 13 luglio 2018 su un campione di oltre 2mila giovani tra i 20 e i 34 anni, mostrano come chi assegna voto positivo al governo sia poco più di un giovane su tre. Sotto tale percentuale si collocano i partiti, le banche e i sindacati, ma anche i social network (che appaiono screditati da oltre due giovani su tre).
Scuola e forze dell’ordine continuano a essere considerati due punti di riferimento solidi da circa il 60% dei rispondenti. Ma piccole imprese, volontariato si collocano su livelli simili, con la ricerca scientifica che si posiziona sopra a tutto il resto.
Per converso può preoccupare che un 30% dei giovani non esprima fiducia quasi in nulla. Una sfiducia spesso legata a una condizione senza prospettive che poi diventa corrosiva in ogni dimensione della vita e della partecipazione sociale.
In positivo c’è il fatto che, nonostante le condizioni in cui si trovano i giovani italiani (si pensi al record di Neet in Europa, all’incertezza occupazionale e alle basse retribuzioni), la grande maggioranza degli intervistati guardi con fiducia alla scuola, all’impegno sociale nel volontariato, all’intraprendenza delle piccole e medie imprese, alla ricerca scientifica e all’innovazione. Ovvero nei contesti in cui si è messi nelle condizioni di imparare e fare (l’opposto della condizione di Neet in cui troppi continuano a essere intrappolati).
Rimane il punto debole del ruolo della politica e delle istituzioni. Dato confermato dal fatto che circa il 60% degli intervistati non ha visto sinora un’azione pubblica impegnata nel migliorare le condizioni delle nuove generazioni e la considera poco attenta a offrire spazi e opportunità per favorire il loro inserimento attivo nei processi di crescita sociale ed economica del Paese. Il fatto che a malapena il 10% dei giovani assegni un voto superiore o uguale a 8 al ruolo del governo e delle istituzioni su questi punti evidenzia che anche molti di coloro che hanno votato per Lega e M5S siano ancora in attesa di vedere azioni concrete che vadano oltre all’offrire difesa dai rischi di peggioramento delle condizioni presenti, per mettere le basi di un processo che immetta le nuove generazioni solidamente nei processi di costruzione di un futuro migliore.

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