Nel welfare la carenza di risorse non è affatto un alibi. Bisogna organizzarsi

Senza evocare profezie su conflitti tra generazioni, fare welfare in carenza di risorse richiede alcune scelte. La prima possibilità è quella di restituire ai singoli le proprie responsabilità, arretrando le protezioni sociali offerte nel secolo del progresso. In questa direzione sembra muoversi il Giappone, dove si sta immaginando la fine delle pensioni di vecchiaia e si chiede ai giovani di concentrare i propri studi universitari su scienza, tecnologia e matematica, ma anche l’Inghilterra, che consente ai pensionandi di ritirare i propri contributi previdenziali per farne l’uso che ritengono più utile. Che cosa accadrà se di questi contributi viene fatto un cattivo uso, o per dirla più semplicemente, se ci saranno molte persone che sopravvivranno al proprio reddito?

Ripensare città inclusive per i giovani

LE CITTA’ nel XXI secolo continueranno ad essere centro di sviluppo e innovazione, ancor più che nei secoli passati, ma lo faranno verosimilmente in modo diverso. Come vanno, allora, letti i dati rielaborati da McKinesy sul rallentamento della popolazione urbana? Proviamo a rispondere in quattro punti più una premessa.

Va innanzitutto ricordato che questo secolo è il primo nella storia in cui è più comune vivere nelle città che altrove. Inoltre, sulla ricchezza globale, la parte prodotta nelle metropoli continuerà a crescere. Fatta questa premessa, un primo punto da mettere in rilievo è che la popolazione mondiale ha smesso di correre al ritmo osservato nel XX secolo. Continueranno a crescere in modo esuberante ampie parti dell’Africa e alcuni paesi dell’Asia, ma molto meno il resto del mondo e ancor meno l’Europa. Questo, ovviamente, ha ricadute anche sulla demografia delle città, ma non necessariamente sul loro peso relativo entro i vari paesi.

Secondo punto: il successo dei sistemi urbani dei prossimi decenni dipenderà molto più dalla qualità che dalla quantità, nella direzione aperta dalle smart cities. Terzo punto: le grandi città di questo secolo insistono su un sistema molto più ampio rispetto ai confini amministrativi. L’idea stessa di abitanti va ripensata: oltre allo stock di residenti acquisiscono sempre più importanza i flussi, ovvero il contributo di chi partecipa temporaneamente o a distanza ai processi della città. Ad esempio, la fascia d’età tra i 15 e i 25 anni è quella demograficamente meno consistente a Milano, ma diventa la più rilevante se si includono come parte attiva gli studenti non residenti.

Quarto: rispondere al ”degiovanimento” che indebolisce la crescita propulsiva delle città, è possibile attivando e alimentando circoli virtuosi di innovazione e inclusione che mettono al centro le nuove generazioni. Le metropoli che ci riusciranno diventeranno i veri motori di sviluppo dei prossimi decenni

Ripartono i matrimoni. Fine della crisi?

Nei novant’anni di storia del Paese raccontati dall’Istat, nato nel 1926 con il nome di Istituto Centrale di Statistica, il punto più basso dei matrimoni è stato toccato nel 2014 con meno di 190 mila celebrazioni. Nemmeno negli anni più bui della seconda guerra mondiale si era scesi così in basso. Molto vivace era stata, allora, la successiva ripresa. Dalle 215 mila nozze del 1944 si salì a oltre 385 mila nel 1948. Ma la vera “epoca d’oro del matrimonio” arriva successivamente e corrisponde agli anni che vanno dal 1956 al 1963. E’ una fase in cui l’intero paese si rialza, non solo per la ricostruzione, ma per l’inizio di un nuovo percorso di sviluppo che intreccia crescita economia, welfare in espansione, fiducia nel futuro. Assieme all’economia si alzano anche i matrimoni e, successivamente, le nascite.

Oltre due milioni di Neet: serve un piano

Il tasso di disoccupazione giovanile è salito negli ultimi anni ai livelli più alti del secondo dopoguerra. Bene che i dati più recenti vedano una interruzione della crescita e qualche segnale di contenimento. La situazione continua però ad essere oltre il livello di guardia. Il principale indicatore adottato dall’Unione europea come misura dello spreco del potenziale delle nuove generazioni è il tasso di Neet.

Occupazione. Profit e non profit alleati per i giovani che non studiano e non lavorano

Il futuro possiamo metaforicamente pensarlo come una casa comune da costruire, progettata per essere bella e solida. Le nuove generazioni possono essere considerate come i mattoni principali per edificarla. In Italia ci troviamo, però, con almeno tre problemi riguardo a tali mattoni. In primis ne abbiamo di meno rispetto agli altri paesi: a causa della persistente denatalità la percentuale di under 30 nella nostra popolazione è la più bassa in Europa. In secondo luogo molti mattoni di pregio li regaliamo ad altri paesi: siamo, infatti, uno dei paesi sviluppati con maggior saldo negativo tra giovani qualificati che se ne vanno all’estero e quelli che tornano o attraiamo. La terza criticità riguarda il fatto che non solo abbiamo meno mattoni e ne perdiamo di più, ma ne sprechiamo anche di più.