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Un patrimonio da valorizzare per tornare a crescere

Le nuove generazioni sono sempre state protagoniste delle fasi di crescita e cambiamento. Da qualche tempo in Italia sembrano però aver dismesso tale funzione. Le loro prerogative si sono ridotte e, non a caso, il paese ha nel contempo ridotto la sua capacità di creare ricchezza e benessere. Le difficoltà dei giovani vanno infatti considerate allo stesso tempo causa e conseguenza dello scarso dinamismo economico e sociale dell’Italia. Va però anche messo in evidenza che questo arretramento, sia del ruolo dei giovani che della crescita relativa del paese, si è prodotto assieme alla riduzione del peso demografico delle nuove generazioni. Questo aspetto è centrale per le sfide che abbiamo di fronte e va quindi ancor più sottolineato. I giovani sono sempre stati una risorsa ricca e abbondante nella storia dell’uomo. Da qualche decennio questo non è più vero. In particolare l’Italia, dopo decenni di denatalità, si trova ora particolarmente povera di persone nella  verde età. Il paradosso che vive oggi il nostro paese è che al “degiovanimento” quantitativo delle nuove generazioni non ha corrisposto un potenziamento qualitativo.

Il J Factor per welfare e lavoro

TUTTE le indagini condotte prima dell’inizio della recessione ritraevano la generazione dei Millennial — gli attuali under 35 — come una delle più orientate a produrre cambiamento e più decise a voler migliorare la realtà attorno a sé. Da qualche anno è invece indicata come la “lost generation”, ovvero quella che meno delle precedenti riuscirà a realizzare i propri obiettivi di vita e maggiormente costretta a rivedere al ribasso le proprie ambizioni. Questo è ancor più vero in Paesi come il nostro, per motivi sia culturali che politico-istituzionali. La combinazione tra iperprotezione della famiglia, economia debole, inefficienze del mercato del lavoro, tendenza delle aziende allo sfruttamento con contratti al massimo ribasso, disattenzioni e inadempienze della politica, ha creato un mix di fragilità tale da ingabbiare in molti il desiderio di spiccare il volo. Quella voglia è però ancora viva nell’animo di molti giovani. Crescente però è anche il rischio di demotivazione, soprattutto per chi parte da condizioni più svantaggiate e fa fatica a trovare nella scuola un’occasione di riscatto. Un’insegnante delle medie mi ha raccontato che non è raro sentire un alunno che spronato a impegnarsi risponde che tanto per avere successo nei talent show la matematica non conta e che se dovesse andar male ad X Factor si può sempre continuare a vivere con i genitori fino a sessant’anni e oltre. Un’opzione questa, nemmeno presa lontanamente in considerazione dai coetanei al nord delle Alpi.

L’implosione demografica del Sud

Il Mezzogiorno ha tradizionalmente rappresentato una riserva demografica per l’Italia e, nei decenni passati, la fecondità, pur declinando, è rimasta al di sopra della media nazionale. A partire dal 1995 tale tendenza ha cominciato a invertirsi, fino al sorpasso avvenuto nel 2006, quando per la prima volta la fecondità al Nord ha superato quella al Sud. Le dinamiche che nel Mezzogiorno hanno condotto a questo rovesciamento vanno dalla minore partecipazione delle donne al mercato del lavoro alle difficoltà dei giovani a trovare impiego e, di conseguenza, a metter su famiglia, alla necessità sempre più frequente di cercare fortuna all’estero. Bassa natalità e forte mobilità delle nuove generazioni sono alla base del fenomeno del degiovanimento, che rischia di avvitare il Meridione in una spirale senza ritorno. Per invertire la rotta prima che sia tardi, è necessario promuovere un modello sociale che rimetta al centro le persone.

La condizione giovanile in Italia

INTRODUZIONE: GIOVANI NEL LABIRINTO

Alessandro Rosina

 

Nel Rapporto giovani 2013 abbiamo raccontato la difficile condizione degli under 30 italiani fornendo un ritratto che, a partire dai dati di una indagine ampia e dettagliata, andava oltre gli usuali indicatori delle statistiche ufficiali. Con questo volume siamo al secondo anno di quello che ambisce ad essere un osservatorio continuo che sonda, analizza e racconta la realtà complessa e dinamica dei giovani sia nella dimensione sia oggettiva che soggettiva.

Il mondo delle nuove generazioni è certo molto più ampio e ricco rispetto al loro tormentato rapporto con il lavoro e al benessere economico. Il ritratto fornito nei vari capitoli di questo volume lo conferma. E’ però anche vero che in questo frangente storico le preoccupazioni maggiori, con ripercussioni anche negli altri ambiti di vita, derivano dal non trovarsi con solido materiale su cui costruire le fondamenta del proprio futuro.

Meno promesse e più fatti sul lavoro dei giovani

Il tasso di disoccupazione giovanile, secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Istat, è salito al 43,3 per cento. Si tratta dei valori peggiori mai incontrati dalle generazioni del secondo dopoguerra. È bene precisare, visto che molta confusione esiste su questo tema, che il dato si riduce se teniamo conto del fatto che molti a quell’età sono studenti, ma non migliora in senso relativo.